Oggi pomeriggio ho iniziato questo post, pensando con affetto ai miei genitori, poi sono uscita per andare a musicoterapia con Emma. E mentre l’attendevo Alessandra, Alessandra della slow life per intenderci, mi ha mandato un suo pensiero.
Un brivido.
Sì perchè anche se distanti centinaia di chilometri, io e lei oggi, eravamo legate dallo stesso pensiero: il valore dell’amore per i nostri genitori.
Grazie Alessandra, come potrai leggere in questo post è come se ci fossero delle ripetizioni, che altro non sono che il frutto di quel pensiero che aleggiava sopra di noi… queste cose io le definisco “potenti”!

I nonni sono come un tesoro prezioso, da custodire, da valorizzare… Chi ha la fortuna di avere ancora i genitori sa bene di cosa parlo, e di sicuro lo sa anche chi ancora sta tanto soffrendo per la loro perdita.
Io ho la fortuna di avere i miei genitori qui vicino a noi, a pochi minuti a piedi da casa nostra, e anche se a volte significa essere comunque tenuti sotto controllo, un po’ come accadeva tempo fa, ciò che loro danno, a me e a mio marito, e ai nostri bambini, va ben oltre le parole. Ci hanno insegnato il valore della famiglia, che supporta e  si stringe accanto a chi è in difficoltà, l’importanza di passare del tempo assieme, di raccontarsi e di ascoltare.
Molto spesso noi ripaghiamo quanto fanno per noi con un semplice grazie, o lasciando che i bambini passino del tempo con loro, magari anche a dormire, perchè a volte hanno bisogno solo di questo… vitalità!
I miei genitori sono ancora relativamente giovani, o almeno lo sono nello spirito, quindi di idee da realizzare con i bambini ne hanno ancora molte. Mio padre che regala il corso di sci a Tommaso e se lo scarrozza pure sui monti, mia madre che si sdraia per terra e gioca ore insieme ad Emma, ma soprattutto cercano di portare avanti la tradizione del rispetto per le tradizioni, che hanno tramandato a me e mia sorella.
E anche se ormai il 5 gennaio è passato da un po’, chi gli vieta di allestire un PaneVin casalingo come doposcuola per i bambini?

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Con tanto di filastrocca “vien pan vien vin vien segala e segalin per i nostri fantolin… il panevin!” che tanto ho cantato insieme alla mia adorata zia! Chissà quanto se la rideva da lassù nel vedere sua nipote che mi seguiva passo passo con la pila e cantava a squarciagola quella canzone…!

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Tommaso ha ben pensato di far uscire il cavaliere che c’è in lui (che sinceramente esce ogni giorno, viste le battaglie che sogna di fare saltando sul divano!) e iniziare a combattere in quel buio illuminato dall fiamme…

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Io e Tommy abbiamo anche  fatto una battaglietta, come la chiama lui, con i bastoni infuocati, ed era emozionante vedere la luce che aveva negli occhi, giocando in quel modo, maneggiando qualcosa di comunque pericoloso ma affascinante!

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Ancora un po’ ci bruciavamo il piumino, ma una volta tolto il giubbotto… alè! Io mi sono divertita quanto lui, perchè a tornar bambini è come se ci si svuotasse da tutti i pensieri del giorno… poi, possiamo di nuovo fare il pieno, ma con uno spirito diverso!

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Cari mamma e papà, lo so che cerco di farlo ogni giorno, ma non smetterò mai di ringraziarvi per come siete e per quanto ci date… e per come il vostro modo di essere mi ha permesso di essere quello che sono oggi. Vi voglio bene, dal profondo del mio cuore!

Ed ora il pensiero di Alessandra, che più che un pensiero è poesia!

Ho avuto mio padre solo per i primi 10 anni della mia vita eppure è tra le persone da cui ho imparato di più. Mi ha insegnato tanto ed ancora oggi, dopo molti anni, mi trovo a scorgere degli insegnamenti sbocciare in me. Semi piantati senza che me ne sia accorta con strumenti non convenzionali: musica, poesia, risate, km di strada fatta insieme a parlare, parlare, parlare… e un altro miliardo di cose che mi ha insegnato con la sua faccia. C
ome quella di mettercela, la faccia, per le cose in cui credo. Metterci la faccia per i propri sogni
– “E se va male?” “Se hai imparato qualcosa non è andata poi così male”.
“Grazie Papà! Domani saranno 23 anni che non ci sei più ma dentro me ci sei. Guardando le orme dietro me trovo facilmente qualcosa di te. Mi hai insegnato che bisogna “crederci”, “essere amichevoli”, “sorridere”, “sentire”, “fantasticare”, “ragionare” e “vivere”.
Queste cose bisogna farle davvero, tutto il resto si può fare come viene. Ti voglio bene Papà! Mi dispiace non averti detto grazie per questa straordinaria eredità che mi hai lasciato ma, in fondo, non credo che un grazie ti avrebbe reso felice quanto vedere e sapere che sono la persona che sono, che quando mi dicono che ti somiglio mi sento ONORATA (nonostante sia perfettamente consapevole anche dei tuoi difetti – e, per dirla tutta, meno male che nel mix c’è qualcosa di mamma… un mix esplosivo!). Spero di essere, almeno un po’, come voi.”

Divertitevi con i vostri figli. Non importa se siano bambini o ragazzi, oggi potete ancora seminare in loro il seme della gioia.
Prendete una chitarra e inventate un motivo da cantare a squarciagola in una giornata uggiosa: se ne ricorderanno come una delle più belle della loro vita.
Raccontate una storia inventata, che rimarrà nella loro memoria per sempre e che solo da grandi capiranno parlava di voi La custodiranno nel loro cuore.
Parlate con loro delle vostre passioni. Non pensate mai che siano troppo piccoli per capirle – la passione non si capisce, *si sente*.
Quando va via la luce, approfittatene per riunirvi nella stessa stanza con un lume o delle candele e fate qualcosa di manuale che si può fare anche senza elettricità – noi facevamo dolci come torte, creme, brioches, ma questo non conta perché mio padre era pasticcere e a casa avevamo il forno a gas.
Va benissimo qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa possa dimostrare loro che anche nei momenti bui c’è sempre qualcosa di bello su cui concentrarsi e, soprattutto, qualcuno con cui condividerlo. Dite le cose che vi succedono, anche quelle brutte.
Impareranno che in famiglia si può parlare di tutto.
Confessate i vostri fallimenti. Un giorno, quando dovranno confrontarsi con i loro, si sentiranno tranquilli sapendo che è successo anche a voi.
Affrontate temi importanti come la politica, la fede o accadimenti storici e chiedete loro cosa ne pensano. Forse da grandi prenderanno posizioni diverse dalle vostre ma avranno delle coordinate a cui fare riferimento e non arriveranno mai disorientati davanti al primo che vorrà convincerli. Avrete loro insegnato a pensare.
Fateli confrontare con le loro paure e assicuratevi che ne escano vincitori.

Un giorno, durante uno dei nostri viaggi in macchina, mi scappava la pipì. Così ci fermammo alla prima stazione di servizio. Entrando nei bagni trovammo una signora, forse la custode, seduta dietro un piccolo banchetto. Scura di carnagione, con i capelli fatti male e molto molto brutta. Io, per andare al bagno, avrei dovuto necessariamente passarle davanti, ma questa sua bruttezza mi inibiva troppo. Mi faceva paura. Dissi che non mi scappava più, avrei aspettato di arrivare a casa. Mio padre lo capì. Non mi disse nulla e iniziò a parlare con lei, mentre mi teneva la mano. Io mi nascondevo dietro di lui, che continuava a spostarsi, facendomi così finire faccia a faccia con quella donna. Non appena la guardai negli occhi mi sorrise.
Un sorriso disarmante. Aveva i denti brutti ma il sorriso era sincero e gentile. Disse a mio padre che ero bellissima e che lui era un papà molto fortunato. Non ricordo bene, forse mi regalò qualcosa o forse no. Io andai finalmente a fare pipì, poi risalimmo in macchina.
Mio padre si rivolse a me, non ricordo le parole esattamente solo che mi disse di non guardare l’apparenza delle persone, che i cuori più gentili si nascondono dietro i volti meno scontati e che visi curati e perfetti possono celare persone che cercano solo di abbindolarti per i loro fini. Mi fece capire che chi parte da una condizione svantaggiata fa un maggiore sforzo per ottenere gli stessi risultati e quindi merita maggior rispetto.

Scusate se mi permetto di affidare questa mia riflessione al web, lo faccio perché credo che nella vita ci siano degli istanti talmente preziosi da non meritare di perdersi nell’infinita banalità della routine. Non lo faccio con presunzione ma con gratitudine nei confronti di chi l’ha fatto con me.