“Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. (Confucio)
Quando è nata mia figlia con la sindrome di Down, la prima reazione che ho avuto è stata quella di “riparare”: riparare ciò che io consideravo imperfezioni, colmare ciò che credevo fossero vuoti, omologare ciò che pensavo fosse diverso.
Fortunatamente ho capito presto che Emma era meravigliosa proprio così, con quel cromosoma in più.
Allora ho cercato di frenare le mani che volevano fare al posto suo, e bloccare le parole che volevano dire quando lei impiegava troppo tempo a rispondere.
Le ho lasciato fare, sbagliare, riprovare, riflettere, considerare.
Con i suoi tempi, senza incasellarla in una griglia di tappe di sviluppo, senza paragonarla agli altri bambini con la sindrome di Down.
Le ho lasciato fare una cosa per me importantissima, e questo naturalmente vale per ogni bambino.
L’ho lasciata scegliere.
Poter scegliere porta la persona a percepirsi come un individuo, distinto dal resto degli individui della sua specie.
Se so scegliere, alla posso essere.
Qualsiasi sia la mia natura.