Mi chiedo quali sentimenti susciti in noi il termine “poverino”. Quale significato gli diamo, perchè lo usiamo, e soprattutto a chi lo rivolgiamo.
povero
1 (posposto al s.) Che ha pochi o insufficienti mezzi per vivere
2 Che rivela miseria, povertà, che è da esse caratterizzato
3 Che manca o scarseggia di qualità, di risorse, di requisiti ecc
4 fig. (sempre anteposto al s.) Come attributo affettivo, che suscita compassione, commiserazione, molto usato in esclamazioni: p. gente!; pover’uomo!; p. noi.
Cosa ci spinge a dire ad un bambino disabile
poverino…
E’ forse per una fusione di tutti i significati che il vocabolario da a questo aggettivo?
O è forse per il nostro bagaglio interiore che spesso ci riporta alla mente immagini stereotipate, che ormai hanno un’etichetta indelebile nel nostro cervello, e che non vogliamo correggere?
Forse è per ignoranza, perchè come dice il termine “ignoriamo”, ignoriamo le capacità di ognuno, ignoriamo che dietro all’ accettazione della natura di una persona diversa da noi ci possono essere risorse, bellezza e stupore. E forse perchè ignoriamo anche le nostre di capacità.
Cosa suscita in noi, genitori di bambini disabili, sentir dire al proprio bambino “poverino”?
una spina nel cuore (perchè lo pensiamo anche noi?)
rabbia (perchè è una cosa indelicata da dire, e perchè ferisce?)
impotenza (perchè non possiamo far cambiare idea a chi abbiamo di fronte?)
Forse tutte queste cose insieme…
Ma se dentro di noi facciamo iniziare un processo di cambiamento, non tanto per cambiare il pensiero altrui, che è personale e che purtroppo a volte è davvero difficile da modificare, ma per far sì che la nostra reazione emotiva sia adeguata alla situazione, allora saremo in grado di non sentirci feriti più di tanto. Ce lo faremo semplicemente scivolare addosso.
Il mondo in cui viviamo comincia nella nostra testa. E’ il modo in cui percepiamo, interpretiamo, valutiamo e immaginiamo che modella il nostro mondo.
Ma certi pensieri sono diventati abituali, e sfuggono alla nostra consapevolezza.
Se ci soffermiamo però a suddividere le nostre esperienze emotive secondo uno schema di pensiero razionale
EVENTO – REAZIONE EMOTIVA – COMPORTAMENTO
la nostra ripercussione interna avrà una risonanza diversa.
Perchè non sempre dietro ad una persona che chiama Emma “poverina” c’è cattiveria o pena, magari c’è un vissuto doloroso, c’è solitudine, c’è una sofferenza ben più grande di quella che la diversità può scatenare. E se noi freniamo la nostra automatica reazione emotiva, se descriviamo semplicemente ciò che è accaduto, dandoci il tempo di riflettere e di trovare altre risposte che non richiamino in noi sentimenti negativi…
ci sentiremo meglio.
Più leggeri.
Io non ho molto da insegnare. Non ho preparazioni scolastiche particolari che mi diano la possibilità di farlo.
Ma credo nel cambiamento.
E proprio perchè ci credo sto partecipando ad incontri e corsi di pensiero positivo, per poter scovare le mie risorse personali inaspettate ed utilizzarle, per stare meglio e per far star meglio chi mi è vicino.
Per reinventarmi… e riscoprirmi migliore.
Grazie ad un cammino che senza l’arrivo di Emma forse non avrei percoso.
E’ difficile cambiare i preconcetti di molte persone sulla diversità, ma credo che la positività sia la soluzione migliore, se noi per primi crediamo nei nostri figli, nelle loro possibilità, non possiamo e non dobbiamo essere scossi da certi commenti, anche se fanno male, anche se ci fanno arrabbiare, io l’ho provato inizialmente con i primi tre figli, adottati e additati perchè di colore, mi dicevano che sarebbero diventati di sicuro dei delinquenti (il preconcetto verso la persona extracomunitaria e quindi diversa..) io li ho cresciuti con amore facendo crescere in loro la consapevolezza che la diversità non è una cosa negativa ma una ricchezza.. Con Alice sarà un’altra battaglia, diversa dalla prima, ma sono certa che non mi farò scoraggiare dalle dicerie delle persone, non perdendo comunque mai di vista l’evidente realtà.
Brava Eliana, non dico che si deve perdere di vista la realtà, ignorandola o respingendola, ma si può imparare a farsi scivolare di dosso certe cose che, valutate correttamente, perdono di importanza… e tu intanto cresci, il tuo bagaglio interno si evolve, e ti poni in maniera diversa agli altri… a volte con leggerezza, che secondo me non ha un significato negativo…
“[…]Perchè non sempre dietro ad una persona che chiama Emma “poverina” c’è cattiveria o pena, magari c’è un vissuto doloroso, c’è solitudine, c’è una sofferenza ben più grande di quella che la diversità può scatenare.
[…]Io non ho molto da insegnare. Non ho preparazioni scolastiche particolari che mi diano la possibilità di farlo. Ma credo nel cambiamento.E proprio perchè ci credo sto partecipando ad incontri e corsi di pensiero positivo, per poter scovare le mie risorse personali inaspettate ed utilizzarle, per stare meglio e per far star meglio chi mi è vicino.
Per reinventarmi… e riscoprirmi migliore.
Grazie ad un cammino che senza l’arrivo di Emma forse non avrei percoso”
Ho quotato qua sopra solo un paio di “passaggi” del tuo bel messaggio Daniela, perchè sono quelli che più mi interessano. Il primo mi trova d’accordo su tutto il fronte.
Ho sempre detto della scrittura… ma trasferisco senza problemi lo stesso concetto al “dialogo”… che ciò che le parole trasmettono a chi ascolta non può essere che un “miscuglio” variamente composto tra le intenzioni di chi parla nel momento in cui parla (con il suo bagaglio di storia e di esperienze) e la sensibilità di chi ascolta nel momento in cui ascolta (idem). Partendo da questo presupposto è fin troppo evidente arrendersi al fatto che ciò che noi “percepiamo” nelle parole dell’altro non è (quasi) mai ciò che l’altro aveva intenzione di dire con quelle parole. A volte in casi come questo sarebbe bello magari, almeno con chi ce lo possiamo permettere, uscirsene serenamente con affermazioni “tranquille” (non “piccate” o da persona ferita od offesa) tipo: “Sai che io non credo che lui/lei sia poverino/a? Mi spieghi perchè ti viene da vederlo/a così? Te ne sarei davvero grata… perchè siccome amo tantissimo mio figlio/a… mi interessa capire cosa le altre persone vedono in lui/lei… come lo percepiscono…”
Fantascienza? Può darsi… ma non impossibile. Specie se a monte c’è un umile lavoro di autocoscienza ed un tentativo di cambiamento di sè… quello che tu hai descritto così bene nella seconda parte della mia “citazione”.
Grazie Daniela per questa bella provocazione alla positività, alla necessità di “mediare” tra la nostra percezione della realtà e le reali intenzioni di chi si relaziona con noi ed i nostri figli. Non credo che così facendo diventeremo “migliori” come dici tu… ma di sicuro saremo più oggettivi ed aiuteremo i nostri figli a rapportarsi meglio con la realtà che li circonda.
Sono d’accordissimo Alessandro, fare noi un passo verso chi ignora, donando un pezzo di noi, cercando di far capire che se solo si guardasse oltre… non dico che ci si debba votare all’altruismo, ma se si cova rabbia e rancore per le cose dette a sproposito i primi a stare male siamo noi… Umilmente sottolineo che non voglio insegnare niente, solo suggerire, perchè la sensazione che ne risulta, se usiamo il pensiero positivo, è di leggerezza, è di “posso riuscirci”, è di valutare il problema per quello che è… è davvero così grave?
Migliori o non migliori… anche questo è interpretabile… ma di sicuro non è fantascienza!
ti abbraccio …
Tu sei un esempio, come sei cresciuta in base al tuo vissuto, come ti sei ridisegnata… e lo dimostri credendo in ciò che dici, in ogni condivisione che mi doni.. grazie Ve!
ciao Dany,
mi complimento con Emma, perchè ci porta ad essere delle persone migliori..
Siamo noi, i fortunati ,
ad averla ricevuta in dote..
ohana
Ohana… e nel caso nostro il suo significato si fa sempre più forte e potente.. ma quando ce lo tatuiamo, maritino mio?
grazie per esserci GIova…
“Il mondo in cui viviamo comincia nella nostra testa” io mi permetto di aggiungere noi siamo quello che pensiamo, di riflesso quella è la nostra realtà… null’altro…
io ho sempre detestato i ruoli, le etichette… perchè nessuno può dare “definizioni” nessuno può circoscrivere in una parola l’essenza di un essere umano…
e quindi ti dico io sono Veronica, tua figlia è Emma punto e basta…
ll resto non conta…
Tu sei un esempio, come sei cresciuta in base al tuo vissuto, come ti sei ridisegnata… e lo dimostri credendo in ciò che dici, in ogni condivisione che mi doni.. grazie Ve!