Piccola storia triste… che da consapevolezza!

Oggi Giovanni e i bambini andranno in un parco a tema non tanto distante da qui. E’ presto, ma io ho la testa già carica di cose da fare in loro assenza. Leggero mal di testa. Da 3 giorni Emma non fa i compiti, e non abbiamo ancora iniziato ad utilizzare il programma di potenziamento matematico. Decido che DEVE fare i compiti. Emma è ancora in pigiama, forse ancora assonnata, le infilo gli occhiali e le metto davanti il libro di matematica.
Mancano 8 pagine, e per quanto sia un libro di apprendimento facilitato le pagine da fare in tutto sono un centinaio. Lo stesso vale per quello di italiano. Inglese nemmeno lo abbiamo iniziato.
Ascolto la mia voce mentre le dico di concentrarsi, di contare, che il problema che sta leggendo è semplicissimo.
Dai Emma, 5 pulcini gialli + 2 pulcini bianchi… quanto fa in tutto?
5
Respiro, anzi sbuffo mi sa.
No Emma, conta con il dito, 5 pulcini + 2 pulcini… quanto fa?
E più lei sbaglia più la mia voce si alza.
Serro la mascella per il fastidio, freno la lingua, ricaccio giù i mille pensieri/condizionamenti che mi affiorano alla mente. Potrei uscire con i tanti giudizi killer che ognuno di noi si è sentito dire “come fai a non capire – basta che leggi è scritto lì nero su bianco – concentrati – se non lo finisci non andate da nessuna parte – da qui non scappi, li devi fare punto e basta”.
Ma almeno questo lo riesco ad evitare. E me ne sto zitta.
Il resto no.
Voce, tono, postura.
Tutto al negativo. Ed Emma si chiude sempre più.
Mi giro verso Giovanni e gli dico:
Vedi? In questo momento non riesco a smettere di essere nervosa, e so che non andiamo da nessuna parte così. Penso ad un insegnante che si pone in questo modo con uno studente… Ma non riesco davvero a calmarmi.”
Emma ormai è girata, non più al mio fianco, quasi a sfuggire da quella mia aggressione.
Ma ci riprovo.
Dai Emma. Ora disegna 5 biglie arancioni.” E lo dico non dandole nemmeno il tempo di leggere il problema.
Lei quasi a farmi felice, evita di leggere il problema, cosa fondamentale per creare una struttura esecutiva nei compiti, cosa che soprattutto ha ben integrato, e inizia a disegnare… 5-6-7… all’ottava biglia le tiro via di mano il pastello. Inizio io a disegnare per lei, e nel mio tratto c’è tutta la mia frustrazione.
Ecco… ora CONTA!
Giovanni arriva, dice che ora ci pensa lui. Emma gli si accoccola vicino come meglio può, lui che le cinge le spalle in un abbraccio accogliente e strutturante.
Grazie a lui riesco a sganciarmi da quel vischioso nervosismo che mi tiene lì, e mentre vado verso il bagno le sento pronunciare la risposta corretta. Giovanni le continua a parlare piano, sorridendo, incitandola, e in pochi minuti completa tutte le pagine mancanti.

Mentre mi faccio la doccia penso all’accaduto, per mia e sua fortuna, al rarissimo accaduto.
Penso all’aumentata difficoltà di mia figlia nel rispondere a quesiti a cui so che sa rispondere.
Penso a chi afferma che uno scapaccione aiuti a far capire meglio le cose. Ripesco nella mia mente il suono del pugno di mio padre che batteva sul tavolo per la mia incapacità a memorizzare le tabelline. Penso alla prof. Lucangeli e al suo apprendimento legato alle emozioni.
Penso all’acqua che e mi figuro che lavi via il nervosismo.
Emma entra tutta orgogliosa a mostrarmi il libro completato. Esco dalla doccia sorridendo, un sorriso sincero.
La mente mi ripropone ancora qualche sbagliatissima frase del tipo “ecco vedi che se ti concentri… che le cose le sai fare se… che se vuoi…” ma ancora una volta taccio.
Preferisco chiederle scusa per essermi innervosita.
Non impoooooorta mamma, ho finito TUTTO il libro! E ora… Gulliverlandiaaaa!
Lo vedo! Ben fatto! Divertiti Emma!
Vorrei aggiungere “te lo meriti“… ma anche questo lo tengo per me.