Per parlare della mototerapia dal mio punto di vista parto da un commento che ho sentito : cosa si inventa la gente per far parlare di se! Terapia di che?
Guardo la persona che ha appena pronunciato questa frase, che se ne va scuotendo la testa. Lo osservo allontanarsi, e mi chiedo quanta aridità e invidia in quelle parole. Chissà quale storia nasconde in sè quell’uomo.
Parto dalla definizione di terapia tratto da Wikipedia.org
Le terapie sono misure aventi lo scopo di riportare uno stato patologico a uno stato sano e rendere sopportabile la manifestazione di sintomi disagevoli. Concretamente il significato di terapia dipende quindi dalle definizioni di salute, patologia e dagli strumenti diagnostici a disposizione per distinguerle tra di loro. Le definizioni di salute e malattia lasciano numerosi margini di ambiguità. Ippocrate citava come strumenti terapeutici del medico: il tocco, il rimedio, la parola.
La terapia (o cura) è quindi un concetto generale e applicabile a qualsiasi attività volta ad alleviare, ridurre o estinguere uno stato di disagio. Es. “quell’abbraccio è stato terapeutico”, “la migliore terapia è stata l’esperienza”, ecc.
…
Tra le terapie riabilitative e palliative troviamo: la fisioterapia, la pet therapy, la musicoterapia, la clownterapia, l’arteterapia, l’ippoterapia, ecc. E la psicomotricità dove la lasciamo?
Ripesco il mio post sulla Mototerapia di Vanni Oddera scritto 3 anni fa, in occasione del nostro primo incontro con questi pazzi scatenati della DaBoot.
I Daboot, gruppo di freestylers motocross, girano l’Europa, (e qualcuno di loro pure il mondo), per mostrare i loro spettacolari tricks eseguiti a 10 metri d’altezza (mhm… non sono convinta dell’altezza, chiederò!) con una naturalezza che li fa sembrare quasi facili.
Francamente ogni volta che vedo una loro evoluzione ho un crampo allo stomaco e un sussulto, perchè diciamocelo, non è proprio così consueto :
accellerare (ma quanto basta) a manettona la moto
affrontare una rampa assurdamente alta
impennare in aria
eseguire un salto mortale
arretrare rispetto alla moto (che nel frattempo sta volando eh)
sganciare gambe e braccia (oddio spero che qualcosa rimanga a contatto con il mezzo per non perderlo!)
scalciare in volo
fermarsi in posa plastica per lo scatto del fotografo
riacchiappare la moto
riassestarsi su di lei
atterrare
Ma se ascolto il mio sussulto mentre li guardo, sento una calda sensazione, che è paura, adrenalina e ammirazione allo stato liquido.
Questo è ciò che provo io.
Forse questo è ciò che provano pure loro, (beh forse al posto della paura ci mettono una gran dose di allenamento, consapevolezza e sincerità).
Ma cosa provano i ragazzi con disabilità, nel vederli?
Un turbine di emozioni, che si leggono negli occhi.
E cosa proverebbero quegli stessi ragazzi se al posto di vederli e basta, cavalcassero quelle moto insieme a loro?
Un’impetuosa e dirompente valanga di emozioni, questa volta provate nel corpo. Ed è proprio lì la differenza. Perchè le emozioni provate nel corpo, creano un profondo riverbero, che lascia il segno.
C’è anche il punto di vista di chi una disabilità ce l’ha e non si è voluto fermare nel vedere realizzato il proprio sogno. Un sogno fatto anch’esso di adrenalina, limiti raggiunti e superati.
Questa bellissima ragazza è Ilaria Naef, ligure, prima atleta italiana di Wheelchair motocross, che ha realizzato l’impresa mondiale di un salto mortale in carrozzella sulla neve.
Altri volti, altre caratteristiche fisiche, grandi sorrisi, ironia e una sana dose di follia.
Il caro Vanni appena vede Emmina se la porta a spasso, e lei, spesso diffidente, non ci pensa un secondo e va.
Emma 3 anni fa…
Emma oggi…
In questo articolo potete leggere qualcosa in più sull’energetico Vanni Oddera .
Del suo verme nello stomaco, della sua voglia insaziabile di superare i limiti, e del suo grande salto, che è diventato anche il suo libro.
Belle foto che mi riportano a belle emozioni, che riconosco e lascio vibrare.
Ma ripenso all’uomo di inizio post e alla sua frase. Ripenso al significato di terapia.
Ridurre o estinguere uno stato di disagio.
Eccolo il nesso. E’ proprio questo il punto focale.
La mototerapia è un flusso di emozioni circolari, che partono da chi guida la moto, arrivano a chi è portato, e ritornano trasformate all’atleta. E’ confronto e consapevolezza. E’ gratitudine per quello che si ha ed è. E’ ridipingere se stessi in un’altra forma. E’ colmare il vuoto silenzioso dentro ognuno. E’ dare una manciata di minuti e un ricevere tracce indelebili che sommate tra loro portano ad una trasformazione.
E allora, mio caro signore che ti allontani scuotendo la testa, dimmi, è così comune trovare una “terapia” che abbia un potere di cambiamento reciproco?
No. Io non credo.
…un impetuosa e dirompente valanga di emozioni…❤❤❤?☄??♂️