E’ giusto imparare a leggere alla scuola dell’infanzia?

Sembrerebbe di sì.
Almeno questo è quanto il prof. Baccichetti mi ha detto, all’ultimo incontro avuto con lui.
Il prof. è un genetista di Padova, che con grande impegno, anche ora che è in pensione, porta avanti una ricerca su come la comunicazione della diagnosi di un bambino con sindrome di Down condizioni la sua crescita.
Secondo lui la comunicazione deve rispettare alcune caratteristiche particolari: deve essere comunicata da un dottore o dal primario dell’ospedale, non da un infermiere; deve avvenire in un luogo appartato e accogliente; deve essere comunicata ad entrambi i genitori e non separatamente ad uno dei due, che poi ha il compito di dirlo all’altro; deve sottolineare quanto di positivo quella nuova inaspettata nascita può portare in famiglia.
Fortunatamente nel nostro caso molte di queste condizioni sono state rispettate, ma so di mamme che anche in condizioni non così favorevoli hanno saputo guardare oltre già da subito.
Penso però a quanto frasi come “possiamo fingere che il parto sia andato male“, oppure, “lo può abbandonare” pronunciate in modo fugace tra i corridoi da infermieri o medici poco accoglienti, abbiano tracciato segni indelebili nelle madri che le hanno ascoltate.
Ma questa è un’altra storia…

Il prof. però, che stimo proprio perchè con passione e costanza vede le famiglie dei bambini con trisomia 21, dando consigli e suggerimenti utili, non è… come dire… così afferrato in termini di “accoglienza calorosa ed empatica”.
Di sicuro è colpa mia, perchè trovandolo così distante dalle mie modalità espressive, ogni qualvolta lo vedo (e accade raramente forse proprio per questo motivo?) non riesco a comprendere fino il fondo ciò che propone, e come lo propone.
Già il suo definire “i Down” mi disturba non poco!
E poi non è mai un capire innanzitutto cosa riesce a fare Emma in autonomia, come lo fa, se è migliorata in qualche aspetto in cui era carente, se ha acquisito strategie personali per ovviare a certi problemi, ma è:
“così deve essere, perchè i Down è bene procedano così”.
Anche questo suo accumunare un percorso standard per tutti, perchè tutti avranno quelle difficoltà a scuola, perchè tutti dovranno essere iper stimolati perchè altrimenti non staranno al passo con i compagni, perchè devono imparare a fare questo e questo e quello… insomma, si scontra come un ariete con il pensiero che ho accolto in me grazie al mio percorso in pratica psicomotoria Aucouturier: credere nella persona!
In maniera sensata il prof. propone che tale metodo di lettura precoce sia applicato a tutta la classe, proprio perchè nei bambini con sdD l’imitazione è spesso immediata, e qui si presenta un altro dubbio: siamo sicuri che la scuola accetti di buon grado una simile proposta, andando a scombinare equilbri, programmi e traguardi prefissati?
Ma siccome l’evoluzione è un must a casa mia, accogliamo il suo consiglio e prendiamolo in considerazione, quantomeno per capire se può andare bene oppure no.
Non sono molto afferrata in materia di lettura precoce, ma sto provando ad informarmi.
Anni fa un’attenta signora mi regalò la valigetta del metodo Doman, che opportunamente relegai in soffitta.
Dopo l’incontro con il prof, e dopo un bellissimo scambio con la mia amica Eliana (Eliana e i magnifici 5) che mi mostrava le prodezze della sua Alice che grazie a questo metodo legge ormai 50 parole a 4 anni, mi sono decisa a provare, e felice di poter leggere solo la parte finale del libricino (a fine anno di corso sono libro-repellente), proprio come lei mi ha consigliato, mi sono messa all’opera.
Il metodo Doman propone l’uso di cartoncini con scritte in stampatello minuscolo, di diversa misura, che riportano varie diciture, innanzitutto “mamma e papà”, poi parti del corpo, per arrivare a un numero consistente di parole che hanno a che fare con il quotidiano del bambino.
Il tutto deve essere mostrato al bambino secondo una certa modalità, qualche istante a cartoncino, pochi minuti per volta, 5 volte al giorno. Solo alla terza dimostrazione della giornata si introdurrà la parola nuova del giorno.
In questo articolo trovate una descrizione dettagliata e molto interessante del metodo Doman.
Emma ha accettato con gioia di “fare i compiti” come suo fratello Tommaso,  e forse grazie ad una mia sfumatura personale che unisce il movimento al metodo utilizzato, ha dimostrato di divertirsi e di imparare sul serio a differenziare le scritte che vedeva.
Ma essendo carente in termini di costanza, mi sono limitata a fare l’esercizio 3 volte, e non 5, e a saltare qualche giorno, o a non insistere affatto quando lei mi diceva “adesso no”.
Morale… metodo utilizzato saltuariamente, anche se i risultati ci sono in effetti…

https://youtu.be/b-l6ZEA5lcU

I miei dubbi più grandi sono relativi a:
1 – non sono la terapista di mia figlia, ma la mamma! La fase mamma/terapista l’ho passata un bel po’ di tempo fa.
2 – quando Emma sbaglia, per quanto cerchi di non far trasparire il disappunto (ok è una parolona..!) nella mia voce, qualcosa passa, e questo non mi piace;
3 – come qualsiasi cosa nuova serve costanza per impararla… e io non sono costante!
4 – e se poi a scuola utilizzano il metodo sillabico? O un qualsiasi altro metodo?

Il prof. ci ha parlato anche del metodo globale, che oltre alla parola scritta associa anche un’immagine, non andando a focalizzare l’insegnamento sulla singola lettera o sulla sillaba.
Di questo metodo so ancora meno… magari qualcuno di voi mi può aiutare a fare chiarezza?
La luminosa logopedista di Emma è contraria all’apprendimento precoce della lettura… “perchè dire a priori che Emma non imparerà come gli altri?”
L’educatrice di Emma, vedendo i risultati, è propensa ad interessarsi al metodo.
Mi manca il parere della neuropsicomotricista Giovanna Pensa, perchè sicuramente il suo consiglio sarà importante.

Per ora, attendo i vostri pareri, commenti e consigli in materia!
Grazie!