“Non so esattamente cosa spinga due persone a legarsi. Forse la sintonia, forse le risate, forse le parole. Probabilmente l’incominciare a condividere qualcosa in più, a parlare un po’ di sè, a scopire pian piano quel che il cuore cela. Imparare a volersi bene. O forse accade perchè doveva accadere. Perchè le anime sono destinate a trovarsi, prima o poi.”

Paulo Coelho

Non potevo non scrivere di Roberta, non dedicarle un piccolo post privato, solo per lei, lei che mi ha tanto colpito durante il week end ad Ascoli, al Congresso “Associazioni e genitori di figli speciali si incontrano”, lei che non ti può lasciare indifferente, perchè bellissima, divertente, impetuosa, caciarrosa, dal volume elevato… in tutto.

Ho letto e riletto il suo scritto, soffermandomi ogni volta su parole diverse, scoprendo significati sempre più profondi, quasi fossero un urlo, a volte soffocato, a volte a squarciagola, a volte battagliero, a volte vittorioso, a volte di sconforto, a volte di sconfitta… Emozione. Tanta.

“Perchè mentre leggevi la tua lettera a cuore aperto io ero lì, a guardarti, a definire un po’ di più la persona che avevo davanti. Quante lacrime mi sono scese mentre ti ascoltavo. Lacrime silenziose e continue. Non certo per pena per la tua situazione, ma per la sincerità con la quale sei riuscita a metterti a nudo, nel profondo, senza mezzi termini. E quando per un secondo hai alzato gli occhi e hai incrociato i miei, tra tante persone, mi sono sentita trascinata a te da dentro, come a sottolineare un legame particolare, fatto sì di genitorialità speciale e di condivisione sincera, ma soprattutto di affinità d’anima.            Grazie per essere come sei… io sono con te.”

guardaconilcuore_Roberta

Questi incontri dovrebbero essere vissuti da tutti, da chi non è un genitore di un bimbo      “speciale” e da chi lo è, da chi non ha un Angioletto in Cielo e da chi invece deve accettarne l’assenza. Da chi ha un “guerriero ” autistico nella propria vita e da chi non sa neanche di cosa si tratti. Da chi ha un cucciolo d’uomo in ospedale e da chi di cuccioli ne ha solo di pelosi. Dopo questo incontro alcuni magari avranno la possibilità di capire di possedere cruda lucidità, assoluta profondità, una forza e una resistenza inesauribili. Io non sono una mamma forte, sono certamente una mamma resistente, determinata. Le nostre sono vere e proprie storie d’Amore. Storie d’amore in cui l’Amore è più forte ma anche più caro. Storie d’Amore che spesso riescono a trovare le parole e possono anche riuscire a scorrere via serene , sorprendere e andare verso la favola e il sogno.

Oggi sono qui perché avrei voluto, e ne avevo sicuramente tanto bisogno, che nove anni fa quando nacque il mio Principe Marco, qualcuno avesse dato voce alla mia speranza, accolto e lenito il mio dolore, il mio smarrimento, la paura, che qualcuno avesse avuto un abbraccio pieno di Luce, quella luce che non ho visto per tanto tempo. Marco è un bimbo autistico. Soffre di un disturbo pervasivo dello sviluppo che si manifesta entro il terzo anno di età con gravi deficit nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale, dell’immaginazione, con problemi del comportamento, iperattività fisica accentuata, ipersensibilità alle variazioni dell’ambiente circostante o delle figure di riferimento affettivo. Si accompagna ad un aspetto fisico normale e perdura tutta la vita. Marco dice che viene da un pianeta che si chiama Locktus , che è tutto rosa e dove i bimbi volano e ridono. Sono qui, con piacere, con tanta emozione, perché so per esperienza e per la fame che ne avevo allora, che attraverso le testimonianze di tutti , può essere più facile capire, capirsi, sentirsi, aiutare e aiutarsi a raccontare quello che sentiamo, quello che temiamo, quello che ci spaventa, anche quello che non avremmo voluto , quello che abbiamo perso o quello che ci rimane accanto nostro malgrado. Senza troppa vergona. Senza sensi di colpa sterili. Siamo umani. Siamo fatti di carne. Di cuore. Di sentimenti.

Oggi qui con questo bellissimo incontro, magari riusciremo a guardare anche un po’ l’Anima di ognuno di noi. Riusciremo a vedere che siamo legati da un filo a volte invisibile. Talvolta sottile e colorato. Talaltra grosso come una fune. Un nodo scorsoio. Un cappio che ci stringe la gola. Qualcuno avrà già letto quello che sto per dire ora , sulla pagina facebook di UnKg e dintorni…

Scrivevo che fare un figlio è come decidere di farsi un tatuaggio in faccia, devi esserne convinto, essere madri non è per un momento, essere madri è per sempre, specialmente se metti alla luce un figlio “diverso”, una disabilità è per sempre, un disabile non lascerà mai la propria casa , la propria famiglia per sè stesso avventurandosi in un tour personale, come personaggio in cerca d’autore, forse non imparerà mai una lingua , forse non avrà mai un amore che lo porterà lontanto o in alto col cuore ; questo per dire che leggendo racconti sull’autismo e vivendolo ho capito, ho sentito, ho vissuto tutto, ancora, senza mai avere la possibilità di smettere, capirò ancora, sentirò ancora, vivrò nel mio cuore sempre. Voglio però anche aggiungere che la condivisione con persone che hanno il mio stesso dolore, o uno simile ma che comunque hanno come me questa spina nel cuore, mi ha regalato conoscenze nuove, amicizie importanti, bellissime ANIME, persone VERE che come me, ma anche in situazioni con assenza di disabilità, hanno attraversato i rovi nude, stanche, sconvolte, terrorizzate, sole , disorientate, arrabbiate, disperate. Per fortuna il Signore dà un posto e una risposta quando sembra che non ce ne siano. Per fortuna il Signore ascolta sempre. Per fortuna il Signore ci aiuta a rialzarci quando pensiamo o temiamo di non farcela più, facendoci riscoprire l’energia necessaria e sufficiente per un nuovo sorriso, per un nuovo agito. L’INCONTRO si alimenta con la COMUNICAZIONE. Non di parole. Di SINTONIA. Di EMPATIA. Vorrei dire alle mamme e ai papà, dal mio umilissimo e fallibilissimo punto di vista, che confrontarsi aiuta a cambiare la “frequenza”. Confrontarsi ti toglie dall’imbarazzo che ti fa tenere la testa bassa mentre piangi in ginocchio. Che ognuno di noi porta questo peso enorme e se fosse solo sulla schiena, per guerrieri quali siamo stati costretti a diventare, sarebbe una nuova, leggera e divertente specialità del triathlon! Il confronto può consentirci di ascoltare che il nostro interlocutore è arrabbiato come noi. Che chi abbiamo difronte è spaventato come noi! Un solo suono, lo stesso suono, un suono così chiaro. La disabilità, qualunque essa sia, fisica, psichica o entrambe, genera un isolamento sociale vorticoso, pesante. Incontrare altre mamme e altri papà aiuta sempre, è come sentirsi dire o dire : IO TI SONO DENTRO. L’autismo di mio figlio mi fa arrabbiare da nove anni e non finirà mai, spesso non riesco a sopportarlo, spesso amarlo non è stato facile, spesso ci vuole la pazienza di una Santa e io non sono una Santa. A volte ho pensato che sono io l’artefice dei suoi giorni terribili e mi è venuta voglia di chiedergli scusa. Metti al Mondo un figlio e ti accorgi che non puoi proteggerlo da nulla, neanche da se stesso. Quello che mi spaventa è il “per sempre”, il “dopo di me”….ma anche il qui e ora…ogni giorno è una lotta, una conquista, un successone, un passo falso, un passo indietro….Non dobbiamo lasciarci sopraffare perché forse nn esiste un posto dove metterci in salvo con i nostri “pezzi di cuore”, i nostri figli intendo. Noi nuotiamo ogni giorno in mare aperto e ogni giorno passiamo tra l’onda e lo scoglio… noi lo sappiamo già come si vive, come dobbiamo vivere e continuare a respirare. Non mi sento presuntuosa nel dire coraggio, mi sento una mamma che sul campo ci sta tutti i giorni, che protegge il figlio dall’ignoranza e dall’insensibilità ogni giorno, con e contro istituzioni fredde e impreparate, è sempre la solita storia della coperta troppo corta…mi sento una che ha sentito il tepore di un pensiero e un abbraccio ricevuto da un’altra mamma, mi sento una mamma che ha capito come ci si naviga dentro a tutto ‘sto dolore ma che suo malgrado non sempre riesce a tenere il naso fuori dall’acqua, mi sento una mamma che imbarazzata riesce a chiedere e a condividere e a urlare e a vuotare il tino prima che si spacchi. Mi gira la testa quando mi guardo indietro e vedo dove e come ci sono arrivata, mi soffoca la nausea per la paura di guardare avanti dove non posso vedere… Mi sento una donna come tutte voi mamme , una donna attraverso la quale passa la vita, sempre. Dalla pancia. Dalla testa. Dalle mani. Dalla capacità, dal desiderio di tenere dentro…a volte anche dall’impossibilità di farlo. Sono una che vive giorni di armonia come voi e altri di silenzio, di strappi, di pianti, di urla, di solitudini, di sensi di colpa ingiusti e ingombranti. Questa lunga lettera che a volte non lega un capo all’altro, è rivolta come inno alla fiducia nel prossimo, in noi stessi , nei nostri cuccioli, a tutte le mamme alle quali la vita ha presentato un conto salatissimo. Noi abbiamo un segreto, tutte, anche quelle che non sanno o non vogliono esserlo: LA CAPACITA’ MISTERIOSA DI DIVENTARE UN POSTO CHE ACCOGLIE TUTTO QUELLO CHE SUCCEDE LUNGO IL CAMMINO, TUTTO QUELLO CHE VIENE E CHE C’E’. LA CAPACITA’ DI TENERE INSIEME QUELLO CHE INSIEME NON STA.

Siamo genitori esposti a montagne russe di rifiuti, di vertici, di abissi, di accuse, di burle, di apparenti trionfi e di dolorose sconfitte. Di solitudine pesante. Ci sono ostacoli di tipo oggettivo e soprattutto di tipo sociostrutturale, se così posso definire l’assenza di risposte o le ridicole difficoltà a rispondere alle tantissime domande di aiuto da parte delle famiglie con disabili.Ma non voglio addentrarmi qui oggi in un discorso che merita spazio e tempo troppo grandi. Però voglio dire , per quello che mi riguarda, che ho incontrato e che non sapevo di dover incontrare, tante difficoltà per dare a Marco ali adeguate per volare. Quando vivremo in una società realmente attenta alle esigenze vitali dei più deboli, allora potremo dire di vivere in una società civile.

Sogno sempre e non mi arrendo che ci possa essere un posto dove, dopo di me, mio figlio possa incontrare persone con le quali condividere un pezzo di strada, che lo aiutino a far emergere al meglio le sue capacità creative, vive e visibili nonostante l’handicap. Devo dire però, perché è giusto, che ho incontrato anche persone in gamba, operatori, psicologhe piene di idee e amanti del loro lavoro, dottori che usano il cervello e il cuore e che non li hanno esauriti tutti sui libri, ma sempre troppo soli.

Non è facile vivere la disabilità per un disabile e per chi gli sta intorno, non lo è affatto! Anche per noi genitori “professionisti” esiste la disperazione che però non può essere assoluta, deve creare speranza. Questa è la nostra missione.

A tal proposito dedico queste parole a tutte le mamme:

A tutte le mamme che, nel silenzio, continuano a chiedersi:
“perchè proprio a mio figlio?”.
Alle mamme che, durante la loro gravidanza, accarezzavano il loro pancione e sentivano che tutto andava per il meglio e a tutte quelle che invece sentivano altro.
A chi come me, appena avuto il piccolo fra le braccia, ha contato tutte le dita delle manine e dei piedini, come se quel numero dieci potesse garantire la perfezione della mia creatura.
Alle mamme che continuano a chiedersi: “perchè proprio a me?”.
Alle mamme che ogni giorno studiano o applicano strategie per
colmare il vuoto dei loro figli.
A chi a volte ci riesce e a volte no.
Alle mamme che sbattono il muso contro l’ignoranza, l’insensibilità, la grettezza, la superficialità, l’egoismo, la distrazione, la superiorità, la cattiveria della gente.
Alle mamme che hanno accettato i propri figli, nonostante tutto e a quelle che ancora non ci sono riuscite.
A chi fa ancora fatica, perchè l’idea del “per sempre” non riesce a maturare nella loro mente.
Alle mamme che si sentono dire “tuo figlio non è un soggetto grave” e nascondono la loro tristezza, l’ansia, il dolore, il bisogno di confronto, per timore che la loro voce dinanzi alle altre sia solo un coro stonato.
Alle mamme che, appoggiate a un palo o sedute a una panca, osservano i loro figli giocare al parco o nel campetto e che sanno che anche se i loro figli non sono gravi, li vedono impacciati, infantili, presi in giro, facili bersagli degli idioti, li vedono che ringhiano contro gli altri come se fossero cani, perché in quel momento mancano loro le parole o provano a difendersi urlando frasi così forbite che quelli non ne sanno nemmeno l’esistenza, e vedono che tutti gli altri ridono di loro.
Alle mamme che non sanno se è giusto intervenire o aspettare ancora un momento, perché correre in loro aiuto, peggiorerebbe solo la situazione o solo magari non si muovono per vergogna e vedono i loro figli farsi piccoli piccoli in un angolo, perché il mondo per loro è troppo difficile da vivere.
Alle mamme che ogni giorno rivolgono un pensiero a Dio e sperano e ripensano alla loro infanzia, alla loro adolescenza e pian piano qualcosa si spegne dentro perché quella dei loro figli non assomiglierà mai alla loro e non sarà mai come quella di ogni altro bimbo.
Alle mamme che vivono con la serenità nel cuore.
Alle mamme che ormai hanno perso la famiglia e anche il sonno e non riescono a darsi pace.
A chi è sola o peggio, si sente sola.
A chi al mattino viene assalito dalla nausea per la paura della giornata che inizia.
A chi ha capito che ci hanno dotate di superpoteri .
A chi è sostenuta dalla famiglia e dagli amici a chi la famiglia non ce l’ha seppur viva da qualche parte .
Alle mamme che non hanno bisogno di spiegare la “diversità” dei loro figli, perché è visibile lontano un miglio.
A chi invece pur spiegando, nessuno le crederà mai, perchè “non si vede”.
A tutte quelle mamme che hanno asciugato le lacrime di cristallo dei nostri piccoli cuccioli che solo gli Angeli sanno portare via.
Alle mamme stanche, a quelle coraggiose, a quelle grintose, a quelle depresse e a quelle che non si tirano in dietro.
Alle mamme che non hanno perso il sorriso e la voglia di fare.
Alle mamme che trovano il modo di risalire la parete alta e scivolosa per uscire fuori al sole.
A tutte quelle mamme che non dimenticano di essere anche donne e che ritrovano loro stesse e la voglia di fare ancora l’amore.
Alle mamme che non sanno più dove andare e come andare ma che non smarriscono la via.
A quelle mamme che sono la voce del proprio figlio .
A tutte quelle che hanno imparato a dire “ma chi se ne frega” alla scuola, alle ASL, alle istituzioni, ai “professionisti” poco professionisti.
A tutte quelle mamme che hanno dovuto salutare il proprio piccolo .
A noi tutte che siamo così diverse e così speciali come i nostri figli, auguro tanta serenità e tanto coraggio.

Grazie, Roberta.