Chiedo ad Eleonora di raccontare la sua storia ascoltata durante la settimana estiva del 2022. Di getto perchè altrimenti avrebbe avuto toni differenti. Ciò che si vive durante la settimana estiva di Guarda con il cuore insieme alle altre famiglie di bambini con sindrome di Down è amplificato e ingrandito, ma soprattutto compreso nel pieno della forza delle sue emozioni. Perchè la storia di ognuno è specchio per la propria.

Grazie Eleonora per avermi donato le vostre parole.

Al rientro dalla nostra prima settimana estiva ci sentiamo cambiati, guariti nell’anima ed assolutamente
felicissimi.

Per arrivare a questo però devo prima raccontare, e vi giuro che cercherò di farlo sinteticamente, gli ultimi nostri tre anni emotivamente e fisicamente sfiancanti.
Ci siamo sposati nel 2007, nel 2010 nasce Michele e la nostra vita scorre serena e spensierata, io vengo da una famiglia numerosa (siamo 4 fratelli) e quindi, a differenza di mio marito che è figlio unico, ho sempre sentito il bisogno di dargli un fratello o una sorella in modo che anche da grande gli restasse un appoggio e una parte di famiglia.

Purtroppo per mie vicissitudini lavorative il progetto di avere un secondo figlio è stato rimandato a lungo, nel 2019 scopriamo di aspettare un altro bambino e ne siamo stupiti e felici, bi-test e traslucenza nucale danno risultati di rischio bassissimi quindi, nonostante io abbia già 39 anni e ben consapevoli che i risultati a nostre mani siano probabilistici, decidiamo di non fare indagini diagnostiche invasive, poco dopo scopriamo che si tratta di una femminuccia.

I primi mesi di gravidanza scorrono tranquilli fino a dicembre quando, durante l’ecografia di controllo
mensile, il ginecologo si scurisce in volto, preoccupata chiedo delucidazioni e mi risponde che non riesce a vedere la bolla gastrica ma mi tranquillizza ipotizzando che può essere la bimba non abbia ancora mangiato dopo essersi scaricata, mi fissa un’ecografia di controllo dopo 15 giorni (ansia totale per due settimane), fortunatamente la bolla gastrica ora si vede e mi tranquillizza, riprende le misure e mi dice che ha l’omero un po’ corto, chiedo spiegazioni e mi risponde che semplicemente sarà un po’ piccolina, maledetto internet la sera comincio a cercare la correlazione tra omero corto e tardiva visione della bolla gastrica e tutto mi porta alla sindrome di Down, cerco di convincermi che sono solo mie congetture e chiudo questa cosa in un cassettino che però periodicamente si riaprirà con prepotenza instaurando in me il tarlo che mi accompagnerà fino a fine gravidanza.

Il 20 gennaio 2020 (tra l’altro compleanno di mio marito) andiamo al controllo mensile e durante l’ecografia intuisco che qualcosa non va, nemmeno il ginecologo capisce di cosa si tratti, c’è qualcosa a livello intestinale ma le immagini non sono chiare e può solo fare ipotesi che non vuole illustrarmi per non agitarmi inutilmente prima di avere certezze, mi chiede di andare in ospedale il giorno successivo perché li ha un ecografo migliore e può capirne qualcosa di più.
Ci rechiamo in ospedale e l’ecografia evidenzia con chiarezza un volvolo intestinale (l’intestino si è
arrotolato su se stesso) ed una cisti meconiale (il volvolo si è perforato perché il meconio non riusciva a transitare ed è fuoriuscito in addome) mi dice che non può più seguirmi direttamente perché non ne ha gli strumenti adatti e devo essere monitorata in un ospedale che sia pronto ad intervenire sulla bimba una volta nata, quindi chiama subito l’ospedale Buzzi di Milano (specializzato in gravidanze a rischio ed interventi su neonati) e mi prenota un appuntamento per un’ecografia di secondo livello che effettuiamo la settimana successiva, la diagnosi viene confermata.

Ci tengono monitorate ogni settimana perché questo volvolo impedisce alla piccola di inghiottire il liquido amniotico che si accumula facendo crescere a dismisura la mia pancia (a soli sei mesi di gravidanza sembrava aspettassi due gemelli, avevo una pancia enorme), cercano di portarci il più avanti possibile perché vorrebbero nascesse non prima della trentaseiesima settimana considerato gli interventi che dovrà affrontare non può avere a suo sfavore anche una forte prematurità.
Escludono, al momento, la sindrome di Down (ancora oggi non capisco il perché considerato che ho fatto
solo test probabilistici) e mettono sul tavolo l’ipotesi casualità e l’ipotesi fibrosi cistica, fanno ad entrambi un prelievo di sangue per analisi genetica e fortunatamente entrambi risultiamo negativi per la fibrosi, mi aggrappo all’ipotesi casualità fino ad una delle ultime ecografie, fino a quella non mi hanno mai mostrato il volto della mia bambina ma quel giorno le fanno proprio una sorta di primo piano e me lo danno, io lì ho avuto la certezza, la bocca all’ingiù, gli occhi infossati, gli indizi ritornano.
Col senno di poi credo loro sapessero, mentre attendevamo in una stanzetta mio marito ha sentito dire “ha già troppi problemi questa mamma, non possiamo dirle anche questo ora…” e credo proprio che parlassero di me.

A 30 settimane mi ricoverano perché ho forti contrazioni, parte la terapia per fermarle e nel frattempo mi fanno le iniezioni di cortisone per sviluppare i polmoni di Bea qualora dovesse nascere, ritorno alle mie ricerche (anche perché in ospedale il tempo non passa mai) quindi bolla gastrica, omero corto e volvolo intestinale mi riportano sempre ed insistentemente alla sindrome di Down, cerco le immagini di ecografie di bambini con sindrome di Down, cerco quanto si muovono in pancia questi bambini (la mia piccola si muoveva tantissimo a volte anche facendomi male) questo è il periodo in cui mi imbatto nel blog di Daniela e leggo la sua storia per fortuna la terapia funziona e dopo quattro giorni torno a casa ovviamente con indicazioni di non fare sforzi e con ovuli di progesterone ogni giorno, il cassettino con il mio tarlo si riapre con prepotenza.

A 32 + 6 mi si rompono le acque (il liquido era troppo ed ha bucato il sacco), mi ricoverano nuovamente con terapia per fermare le contrazioni, questa terapia dura tre giorni quindi mercoledì 19/02/2020 mi staccano l’ultima flebo e mi mettono sotto monitoraggio, sono le 18.30, alle 18.45 comincio ad avvertire le contrazioni molto forte e sento la bambina spingere sotto dico a mio marito di chiamare subito l’infermiera che entra e mi visita esclamando che sia assolutamente impossibile che io sia già pronta invece il suo sorriso sparisce in fretta dal volto corre a prendere una barella e mi portano immediatamente in sala parto chiedendomi di non spingere assolutamente perché la dilatazione è completa e la bimba già pronta.

Arrivo in sala parto con una contrazione unica che non mi da neppure modo di respirare ed alle 18.55 nasce Beatrice, la vedo è bella come il sole, un po’ scura per la mancanza di liquido, piange e sta bene (anche se ha la pancia molto gonfia a causa della cisti meconiale) la portano via per lavarla mentre mi ricuciono e mio marito va con lei, torna felice e mi mostra la sua foto lavata ed eccolo lì il cassettino si riapre violentemente, i suoi occhi non mentono ma, ancora una volta, lo richiudo a forza e cerco di non pensarci, arriva in incubatrice con il solo pannolino ed un cappellino di lana rosso (che ancora conservo con cura) ha gli occhietti chiusi, li apre e mi fissa ed il cassetto questa volta si riapre per non richiudersi mai più…la portano in TIN ha bisogno di ossigeno e di monitoraggio dei parametri per capire se sia necessario intervenire subito o possa attendere l’indomani.

Io resto in sala parto in osservazione in compagnia di mio marito che, avendo notato il mio sguardo quando ho visto Beatrice, mi chiede che problema avessi e gli rispondo “ha la sindrome di Down” lui resta sconcertato mi dice che sono pazza che gli ho rovinato la nascita di sua figlia che ho tramutato un momento di felicità in uno di rabbia, accampo qualche scusa e la chiudo li.

La sera verso le 21 ci permettono di salire a vederla e, invece che godermi mia figlia, scruto le sue manine
alla ricerca della tipica linea che contraddistingue i bimbi con sindrome di Down, i suoi piedini e spicca il
famoso dito sandalo ed i suoi occhi, i suoi occhi non mentono, il mio cassettino aveva ragione, ha sempre
avuto ragione. L’indomani mi fanno visita i miei genitori e mio marito gli racconta cosa è successo in sala
parto, anche loro mi dicono che sono pazza che non è assolutamente vero che Beatrice è una bimba
normalissima, so che non è così ma me lo tengo per me, non voglio discutere ulteriormente con nessuno o, forse, mi aggrappo di nuovo all’idea che davvero non sia così.

Alle 12.00 del 20/02/2020 ci chiamano in TIN, Beatrice è pronta per affrontare l’intervento e quindi ce la fanno salutare prima che vada, nel frattempo ci comunicano che avendo tutte le caratteristiche tipiche
della Trisomia 21 e che dobbiamo firmare per l’analisi genetica del Cariotipo.

Mio marito ha un attimo di sbandamento e lo fanno sedere, ci fanno tenere in braccio Beatrice (ed io non
riesco a godermi nemmeno questo momento vedo solo la sindrome non vedo mia figlia) la portano via per andare in sala operatoria e qui mi ritrovo a chiedermi cosa sia meglio sperare…che si salvi oppure no? Quale buona madre pensa questo del proprio figlio? Questo sarà il macigno che mi accompagnerà fino appunto alla settimana estiva.

Bea supera l’intervento ed il giorno dopo posso vederla, senza toccarla per non stimolarla e farle sentire
dolore, ma lei apre gli occhi mi guarda e mi sorride, ecco io sono diventata la mamma di Bea il 21/02/2020.
Nel frattempo mio padre viene ricoverato con Covid e ci danno poche speranze, per fortuna ce la fa e dopo qualche mese viene dimesso pure lui, ma questo mi affossa ancora di più emotivamente.
Bea sarà dimessa il 19/05/2020 dopo due interventi, per un po’ vivremo tranquilli e poi avrà di nuovo una ricaduta (non subito riconosciuta) e che la porterà vicina alla morte, dovrà subire un terzo intervento, ma lei tenace si riprende! Ancora oggi combattiamo contro un’anemia di cui la causa è ancora ignota, facciamo trasfusioni periodiche ma giorno per giorno stiamo cercando di uscirne.

Arriviamo al 2022 anno in cui mi sento satura e sopraffatta dagli eventi, consapevole di aver trascurato
Michele perché vivevo con la sensazione di dover dare attenzione solo a Beatrice per farmi perdonare il
pensiero avuto su di lei.

Decido di partecipare alla settimana estiva organizzata da Daniela con la sua
associazione Guarda con il cuore (alle fine Daniela ed Emma sono un po’ le madrine di Bea).
Ci iscriviamo e partiamo, carichi di aspettative ma anche timorosi, sarà una vacanza? Sarà una terapia? Ci troveremo bene?
Arriviamo nella mattinata di sabato 20/08 incontro Daniela che, pur conoscendomi solo virtualmente, mi abbraccia immediatamente come se fossimo amiche da una vita (ragazzi che botta di energia!), la sera
conosciamo tutte le altre famiglie e ci presentiamo brevemente, tanta tanta positività è la prima cosa che ci rimane e subito ci sentiamo nel posto giusto al momento giusto.
Il giorno dopo cominciano gli incontri in cui ci raccontiamo senza filtri e pregiudizi, sentendoci liberi di
mostrarci per quello che siamo, con le nostre debolezze, i nostri dubbi, le nostre perplessità, i nostri sbagli, siamo una delle prime coppie a doverlo fare ma, con grande stupore, viene facile ed automatico, non riesco a trattenere le lacrime ma finalmente quelle maledette parole escono dalla mia bocca ed ora che sono lontane dal mio cuore non fanno più così male.

La settimana prosegue ed è un susseguirsi di lacrime, sorrisi, abbracci, tanti caldissimi abbracci, e non sono solo abbracci fisici sono abbracci di cuore, parole che riempiono l’anima svuotata da tutta la negatività.
Ogni pomeriggio giochiamo ed è stupefacente come i giochi (pensati ad arte da Daniela) riescano davvero a curare ogni ferita, a darti fiducia nel prossimo, a non farti sentire solo, a farti vedere le cose da diverse angolazioni, non sempre il primo sguardo è quello corretto, forse diamo il significato che vogliamo dare agli eventi ma spesso ci sono altri significati che non valutiamo.

Usciamo da questa esperienza completamente cambiati, anzi cambiati non è la parola corretta, direi con la miglior versione di noi stessi riemersa, quella che era sopita da troppo tempo e quella di cui, forse, ci
eravamo proprio dimenticati.
E’ stato un percorso introspettivo importante che ci ha permesso di acquisire nuove consapevolezze,
personalmente mi ha concesso di perdonarmi (il pensiero del momento non fa di me una cattiva mamma, io sono altro non sono quelle parole passate nella mia testa durante lo sbandamento dentro il frullatore di emozioni che mi stava investendo), ho avuto il coraggio di chiedere scusa a Michele per averlo (ingiustamente) accantonato focalizzandomi su Bea (sempre per questo stupido bisogno di farmi perdonare da lei) ed ho percepito che questa cosa gli ha tolto un grande peso, gli ha fatto sentire che lui non è sbagliato solo perché non ha la sindrome e che vale tanto quanto la sorella (cosa ovvia ma che purtroppo temo il mio comportamento abbia fatto dubitare), ha 12 anni ma è comunque il mio bambino ed ha bisogno di me tanto quanto (e forse più) di Bea.

Notevole e stupefacente come degli estranei già il secondo giorno ti sembrino amici da una vita, il senso di famiglia che si prova a stare in gruppo, a raccontarsi, a giocare è qualcosa di inspiegabile, assenza di giudizio e senso di grande comprensione sono palpabili, per una volta ti trovi a parlare con persone che davvero ti capiscono a pieno e non fanno semplicemente finta per compiacerti con luoghi comuni e frasi fatte.
La voglia di stare insieme ed il rammarico ad ogni giornata finita, i risvegli tra buongiorno (dettati dal cuore) e sorrisi, che bella è la vita in questo modo?
Riesco a lasciare Bea ai volontari (purtroppo per problemi di salute non ha fatto il nido) senza sentirmi in colpa (altro mio limite superato grazie a questa esperienza), certo piange un po’ inizialmente, è abituata a stare solo con noi, ma poi gioca serena con gli altri bambini e si abitua alla routine come mai avrei pensato facesse, le abbiamo regalato un passo verso la crescita e l’autonomia.
Ai bimbi offrono Logopedia, Paps (e mi si è davvero aperto un mondo), musicoterapia e per i genitori la
coccola del massaggio Shiatsu, sarete tutti sempre nel nostro cuore.
Michele si è trovato divinamente, ha fatto un sacco di amicizie nuove ed ha già fatto il calcolo che (avendo Bea due anni e mezzo ed essendo le settimane riservate ai bambini con sindrome fino ai sei anni) abbiamo ancora quattro anni per godere di questa magia.

Si, magia è la parola esatta, Daniela si dona anima e corpo a tutti, non oso immaginare la sua stanchezza
finita la settimana, si vede che lo fa con passione, se tutto il modo fosse così non avremmo una guerra od
un problema da affrontare, sarebbe bellissimo.
Ci siamo sentiti coccolati in un microcosmo di felicità, questa è la sensazione che ci portiamo a casa, felicità, leggerezza, da tanto anzi troppo tempo non eravamo così, abbiamo affrontato i nostri mostri, le nostre paure, la rabbia ed ora tutto è un po’ più lontano e meno fastidioso.

In conclusione ne usciamo rigenerati nel corpo e nell’anima, arricchiti di nuove amicizie e grandi
consapevolezze, tantissima energia e con un pezzettino di ciascuno dei nostri compagni di avventura nel
nostro cuore, carichi per affrontare tutto ciò che verrà e speranzosi di poter tornare il prossimo anno e dire ok Beatrice è guarita non abbiamo più alcun problema e la nostra vita scorre felice attorno a quel
cromosoma in più che, ad oggi, possiamo affermare ci ha donato davvero tanto.
Sarebbe un’esperienza che dovrebbero provare tutti, infatti dai nostri racconti restano affascinati e la prima domanda è “ma possiamo partecipare anche noi?”.

Un grazie (che non sarà mai grande a sufficienza) a Daniela, a tutti gli specialisti ed i volontari, siete
fantasticamente stupendi, per sempre nel nostro cuore.