C’è un momento, verso la fine dell’estate, in cui il cuore diventa lente: ingrandisce le emozioni vissute, cattura i suoni appena sfumati, i colori che la luce ha scolpito nei sorrisi, negli sguardi, nel procedere incerto ma fiducioso. Quest’anno, la Settimana Estiva è stata proprio questo: un respiro profondo, lento, che continua a vibrare anche adesso.

Ho visto le famiglie arrivare con timore e speranza, ciascuna con la propria storia priva di formule su “come si fa”, “e se non ce la faccio”: ogni passo iniziale segnato da quell’incertezza che frena. Eppure ho visto anche come queste paure si sciolgono, timidamente, davanti all’accoglienza.

Ho visto mani che si cercano, occhi che si rilassano, risate che si liberano. Ho sentito il valore potente della comprensione: perchè non serve essere perfetti, serve solo essere presenti, ascoltare con occhi orecchie e cuore, senza giudizio.

Questa settimana ha creato una costellazione di attimi:

  • una parola detta al momento giusto
  • una carezza inattesa
  • un abbraccio che dice “non sei sola/o”
  • un bambino che per la prima volta ha avuto il coraggio di raccontarsi davanti agli altri
  • una bambina che ha mosso i suoi primi passi proprio qui, dentro un cerchio che ha applaudito insieme, con il cuore acceso

Ogni gesto piccolo è diventato seme, proprio come i semi reali di papaveri — strani e particolari — che ho regalato durante il primo giorno di laboratorio esperienziale. Simbolicamente, ogni seme ha germogliato dentro di noi, dentro le famiglie, dentro i giorni che passavano, dentro a quelli che seguiranno. Dentro a quella valigia carica di qualcosa di invisibile, che nel susseguire dei giorni si è riempita di qualcosa di nuovo, forse inaspettato.

Mi porto dentro:

  • la voce dei bambini che, pur con difficoltà, tentano, ridono, cantano, comunicano con la sincerità assoluta dell’essere presenti e veri
  • il silenzio di qualcuno che finalmente si lascia attraversare dalla pace del riconoscersi accolto
  • le lacrime (mie, tue, nostre) che non erano solo di dolore, ma di sollievo, di meraviglia improvvisa, di gratitudine profonda

  • la rete invisibile – ma anche visibile grazie a quel gomitolo lanciato –  che si forma quando più cuori scelgono di non voltarsi dall’altra parte, ma di tendere la mano.
  • i giochi folli, le corse in Salone Blu, le fragorose risate che hanno fatto tornare bambini anche gli adulti

 

Questo amore che la Settimana Estiva crea non è un amore idealizzato: è quotidiano, è costruito con pazienza e con la perseveranza di otto anni che hanno dato forma a un sogno, con fatica, con l’umiltà di chi sa che non esistono risposte definitive, valide per tutti.

È amore che cresce nel contesto dell’imperfezione, che riconosce il limite ma non si lascia fermare da esso. È amore che risuona nei silenzi, nei piccoli passi, nelle cornici che non avremmo scelto ma che abbiamo fatto diventare casa. È amore nel dire: “Qui posso esistere senza maschera alcuna”.

E adesso che la settimana è finita, cosa resta? Restano tracce: un cambiamento sottile nell’atteggiamento, una speranza che si nutrirà nei mesi a venire, una comunità che continua a camminare insieme. Resta la consapevolezza che ogni famiglia è unica, sacra, capace di bellezza anche quando non sa ancora di esserlo.

Grazie a ogni volontario, specialista, genitore, bambino — per aver reso questa settimana un dono. Il vostro esserci, la vostra autenticità, hanno intessuto questo momento che vive oltre. E se chiudo gli occhi, ancora ascolto, ancora vedo: il respiro profondo dell’amore che ha fatto casa dentro ognuno di noi.

Un mare di cuori che batte per noi — proprio come le parole della canzone che ho scritto per la Settimana Estiva. E forse è anche questo il segreto: una sana positiva dipendenza dal volersi ritrovare, partendo dal desiderio di esserci ancora e ancora, anno dopo anno.

Con immensa gratititudine per ognuna delle 115 anime che hanno fatto parte di questo indimenticabile incontro.

Daniela.