Tenere per mano.
Quante immagini di delicata tenerezza ci evoca quest’immagine.
Pensiamo ad una mamma con il suo bambino, un fratello ed una sorella, una coppia di fidanzati, un marito e una moglie che lo continuano a fare dopo 30 anni di matrimonio.
Ma quanti modi di tenere la mano esistono?
Afferrata, trattenuta, abbandonata, sostenuta, intrecciata, condivisa, forzata…
Se ci si sofferma a pensare, non ne esiste di sicuro soltanto uno, e non mi riferisco solo al modo di posizionare le dita o il palmo, ma proprio al tono con il quale le due mani si incontrano.
Quindi, perchè ad un’immagine che dovrebbe richiamare un sentimento positivo, pongo un titolo così fastidioso?
Perchè la stretta di mano che ho in mente è quella che si dedica alle persone diversabili.
E a me crea un profondo fastidio.
Logicamente è personale, come è personale il significato che diamo a tante scene che ci risuonano dentro, è la nostra storia, il nostro vissuto che parla.
Quando ripenso a quel tipo di mano nella mano, la prima immagine che mi viene in mente è proprio quella dedicata ai ragazzi/adulti con difficoltà di pensiero, accompagnati dai loro educatori durante le attività giornaliere.
E scavando ancora un po’ nel mio dentro, ciò che affiora è proprio la stessa identica immagine, stavolta vissuta in prima persona, tra le corsie del supermercato, con Emma che aveva appena 2 settimane di vita.
Quante lacrime dolorose, nascosta tra quegli scaffali, ho versato vedendo quegli adulti così poco autonomi.
Davvero, non è mia intenzione giudicare nessuno, oltretutto ho la fortuna di condividere i lunghi tragitti in auto verso i miei fine settimana di studio con due amiche educatrici di persone non autonome, le quali mi spiegano come a volte è davvero indispensabile il tenere per mano chi può avere scatti di aggressività, magari senza preavviso.
Ma, detto tra me e me, mamma di una bambina con sindrome di Down… QUANTO do la mano?
O meglio… quanto tengo la mano?
Studiando sto capendo che il tenere la mano è un nostro prolungamento, è un continuare a controllare e a prenderci cura della persona, specie se è un bambino, ma … è sempre positivo?
Emma ora sale le scale a grandi passi, percorrendole al centro, senza appoggi laterali; scendendo invece preferisce stare vicino al muro.
E allora… perchè mi devo trattenere, a volte a forza, dal darle la mano?
E’ forse l’immagine di Tommaso che a 18 messi è caduto e si è tagliato la fronte tanto che, da sola, l’ho dovuto portare al pronto soccorso?
Perchè quando siamo in montagna, e loro passeggiano in tutta tranquillità vicino ad un prato ripido, io sento le budella aggrovigliarsi, e li vorrei tirare a me?
Forse perchè a 25 anni sono scivolata percorrendo un ghiaione e dopo essermi finalmente fermata mi ha preso una crisi d’ansia? Forse perchè la persona (beeeeep) con la quale ero ha minimizzato e non mi ha affatto rassicurato?
Perchè a volte, accompagnando a scuola Tommaso, sento il bisogno di dargli la mano? Ha ormai 8 anni, e siamo sul marciapiede…
Forse perchè mi rendo conto che sta crescendo, è quasi un ragazzino, e vorrei quasi fermare questo suo crescere, che lo porta lontano da me?
Considerazioni puramente personali, ma proprio perchè credo nell’importanza del fare da solo, del provare senza l’aiuto dell’adulto, del rispecchiare un’immagine positiva di sè al bambino, me le pongo.
E senza quella mano, il pensiero che un bambino fa è non sono indipendente.
Senza quel
non correre che cadi
gioca composto
tu sei una femmina non fare questi giochi
tu sei un maschio non giocare con le bambole
non stare curvo
fai in questo modo, io lo so fare
…
ogni bambino ha la possibilità di parlare, al di là delle parole.
E tutto questo continuo lavoro di taratura, linguaggio appropriato, silenzio forzato, mani ritirate, serve a seminare in un certo modo, affinchè Tommaso ed Emma siano persone che credono nelle loro possibilità.
Guardo lontano?
Sì, certo, anche se so che prima di guardare lontano c’è uno scoglio da superare che così lontano non è, e cioè l’adolescenza.
…
Forse perchè la mia è durata parecchi, forse troppi anni, ed è quasi irraccontabile?
Condivido parola per parola… anche la caduta in montagna! Avevo 35 anni però e lo st…. rideva io un taglio nel ginocchio e tanta paura..
vabbè…. qualche giorno fa volevo scriverti proprio di questo ….siamo connesse come sempre.. ero all ikea a Firenze e ho incontrato un bimbo con la Sd di 7 anni era con la tata e dopo essersi scatenato nelle palline… via NEL PASSEGGINO!
E purtroppo ne conosco un altra quì da noi .. bimba sveglia DI 6 ANNI sempre nel passeggino.. la conosco bene.. le sue terapiste e la sua pediatria sono le stesse che ha la mia! La bimba non ha problemi. ..eppure la trovo sempre a giro con il PASSEGGINO!!
ho passato una giornata turbata chiedendomi perché. .. e perché questi genitori vogliono cambiare l immagine del bimbo disabile e poi per comodità (secondo me) non lo fanno… MA LO VOGLIONO DAVVERO? O usano la disabilità dei figli per sentirsi “speciali” in un modo che non comprendo?
Mamma mia… pure quella della montagna abbiamo in comune! davvero, io e te siamo connesse Anima mia… le storie che mi racconti tu fanno pensare, perchè mi posso immaginare il contesto: qualche bambino con sdD scappa, (Emma lo fa meno, ma ancora lo fa) e sta a noi corrergli dietro, dare la giusta risposta sul perchè no. E’ un gran lavoro di sbattimento, me ne rendo conto! Ma questo ci è arrivato, e sta a noi far crescere al meglio il frutto.
Io il passeggino non lo uso da un anno, già era scassato da Tommaso, ora è lì in cantina, con le ragnatele, ma non categorizza Emma come bambina “pigra che cammina poco, perchè magari è ipotonica”, ma la sprona a camminare. Certo, se poi si liquefa per terra e i 7 sermoni convincenti non convincono allora ti tocca prenderla in braccio, ma almeno la prima scelta non è stata quella che dice “a differenza degli altri bambini non sai camminare bene e ti serve il passeggino”. Non parliamo poi del contributo all’immagine sterotipata… ma il fatto è che è proprio da noi che parte! Un’amica, il cui bambino è nato prematuro grave, lo ha portato in passeggino fino a 6 anni, ma la sua motricità era nella norma già da tempo.
Secondo me non è questione di rendersi “speciali”, è proprio questione di non uscire loro stessi da quello stereotipo… con l’aggravante del “non voglio troppo sbattimento”…
Daniela come l’hai raccontato bene!!! com’é difficile non riversare le nostre paure sui nostri figli…ma anche se ogni tanto commettiamo qualche “sbaglio” (una mano tenuta, un attento che cadi di troppo…) ci sono tante altre volte in cui riusciamo a lasciarli liberi di esprimersi e di sbagliare da soli.
E all’adolescenza…non ci voglio nemmeno pensare!!!!! aiuto!!!!
Un abbraccio
certo certo, è come dici tu, l’importante è rendersene conto e non dare per scontato che il nostro “controllo” sia la cosa migliore… oh Veronica, che voglia avrei di avervi vicino a noi… dai, per l’adolescenza ne manca ancora, ma se penso che la pre-adolescenza può iniziare a 10 anni, non è poi tanto lontana da Tommaso…:(
Dani vedrai, prima o poi ci incontreremo, ne sono sicura! intanto tra blog e facebook, mi sembra di conoscervi già!
Hai ragione, anche per me è cosi!