Due giorni fa parlavo di come temevo di non avere la forza necessaria per affrontare tutto.
C’era tanto amore nella sua stanza, quell’amore rispettoso che le donne sanno dare, di fronte alla sofferenza… solo noi 3 donne, legate a lei da sempre… i sorrisi, le lacrime, le carezze, il suo respiro.
E poi … poi nessuna fretta, nessuna brutta sensazione al suo contatto, e la volontà di accudirla, ancora una volta… i vestiti, la crema, il profumo…
C’era tanto rispetto… e amore … e pace…
Ho trovato la mia forza interiore, inaspettata. Ancora una volta, proprio come esattamente 3 anni fa, pensavo di non possederla, che proprio non mi appartenesse… e invece lei era là, nascosta da qualche parte, pronta a stupirmi per la semplicità con cui poteva manifestarsi…
Ieri, in un momento solo nostro, ho anticipato a Tommaso cosa sarebbe presto successo, e questo è quello che gli ho raccontato…
Una favola: la piccola larva e la libellula
C’era una volta, sul fondo di uno stagno tranquillo, una colonia di larve d’acqua. Le piccole larve erano tutte molto felici anche se vivevano lontano dal sole. Trascorrevano lunghi mesi indaffarate, spostandosi velocemente nell’acqua e sulla soffice melma del fondale. Tutte avevano però notato che, di tanto in tanto, una di loro perdeva interesse alle attività delle compagne. La larvetta solitaria si arrampicava lungo lo stelo di una delle ninfee dello stagno, pian piano spariva allo sguardo delle amiche e nessuno la rivedeva più.
“Guarda” – disse una volta una delle piccole larve a un’altra – “una di noi sta salendo su per lo stelo della ninfea. Secondo te, dove sta andando? Su, sempre più su, pian pianino, dove va?”. E proprio mentre la stavano osservando, la piccola larva sparì. Le sue amiche aspettarono e aspettarono ma lei non tornò più.
“È strano” disse una larva all’altra. “Ma non era contenta qui?” chiese una seconda. “E dove pensate che sia andata?” aggiunse una terza. Erano tutte molto perplesse.
Alla fine, una delle larve d’acqua, quella che era a capo di tutta la colonia, riunì le compagne e disse: “Ho un’idea. La prima tra noi che salirà su per lo stelo di una ninfea deve promettere che tornerà a raccontarci dove è andata e perché”. “Promesso!” dissero tutte solennemente.
Un giorno di primavera, non molto tempo dopo, la stessa larvetta che aveva proposto il piano si ritrovò a scalare lo stelo della ninfea. Saliva su, sempre più su. E prima ancora di rendersi conto di cosa stesse facendo, aveva ormai attraversato lo specchio d’acqua e si era ritrovata sulla larga foglia verde di una ninfea che galleggiava in superficie. Lì, si era addormentata.
Quando si risvegliò, si guardò intorno con sorpresa. Non riusciva a credere ai suoi occhi: era avvenuto un incredibile cambiamento! Si accorse di avere quattro grandi ali d’argento e una lunghissima coda. Il calore del sole la asciugò rapidamente, lei mosse le ali e si ritrovò improvvisamente a volare in alto, sopra la superficie dell’acqua: era diventata una libellula!
Lanciandosi in picchiata e volteggiando in grandi curve, volava nell’aria, emozionata da una novità così grande. Dopo un po’, atterrò felicemente sulla foglia della ninfea per riposarsi. E proprio in quel momento guardò in basso, verso il fondo dello stagno. Si trovava esattamente sopra le sue vecchie amiche, le larve d’acqua! Loro se ne stavano come al solito a correre qua e là, proprio come lei aveva fatto fino a poco tempo prima. Solo allora la libellula si ricordò della promessa: “La prossima di noi che salirà su per lo stelo della ninfea tornerà a raccontarci dove è andata e perché”. Senza pensarci due volte, si lanciò a capofitto nell’acqua. Però, appena toccò la superficie, rimbalzò via: ora che era diventata una libellula non poteva più rientrare nell’acqua.
“Non posso tornare,” – disse dispiaciuta – “ci ho provato, ma non riesco a mantenere la promessa; comunque, anche se riuscissi a tornare, nessuna delle mie compagne mi riconoscerebbe. Mi sa che non posso fare altro che aspettare fino al momento in cui anche loro saranno diventate libellule. Solo allora capiranno cosa mi è accaduto e dove sono andata”. E la libellula, con un battito di ali, volò via nel suo nuovo mondo di sole e di aria.Questa favola è stata raccontata da Kathy Smeardon, responsabile del St. Luke’s Hospice di Plymouth (G.B.), in un seminario svoltosi a Mestre presso il circolo Shanti nel 1998.
(Nel sito gruppoeventi ho trovato tante riflessioni utili per parlare del lutto ai bambini)
….Cara Dany, le libellule volano sempre vicino, sfiorando lo specchio d’acqua che hanno tanto amato ed ameranno per sempre….Un forte abbraccio, a te che sei una Donna Veramente Speciale!…Con immenso affetto…
Grazie Lucy.. Mi piace tanto il tuo commento.. Ed è vero che le libellule sfiorano sempre lo specchio d acqua che hanno amato, proprio perchè lì sono nate come larve e ogni anno ci ritornano, come madri a loro volta… Un abbraccio a te e Chri..!
Un abbraccio forte….
Grazie Eliana… per essermi stata vicina…!
“su movete che ho da netar tut e andar nel bosco a cior su le campanelline ” ciao splendido fiore …
Kali…! Avrebbe detto davvero così, anzi, lo diceva! e le campanelline le abbiamo messe tra le sue mani… la mamma gliele ha colte al mattino… bacio !
Ti ricorderò sempre con affetto..le risate fatte al mare quando noi bambine facevamo impazzire tutti! Le comiche che tu, assieme a quel pazzo di mio papà, facevate…i discorsi su quanto buona fosse la Nutella e i dolci in genere….un abbraccio e un saluto…ciao ‘zia Fra’…
Ale… Mi piace ricordarla proprio così..! Grazie cara..!