Domani, 21 marzo, sarà la Giornata Mondiale per la sindrome di Down. Il video che Coordown propone quest’anno, Lea va a scuola, parla di inclusione, nella scuola, nel lavoro, nelle realtà abitative.
Certo non sarà facile… ma chi dice che più semplice è meglio?

Riporto dal sito di Coordown:

Un luogo di apprendimento pienamente inclusivo.

Un luogo pienamente inclusivo, in cui ci sia spazio per tutti. Un sistema in cui ogni studente, indipendentemente dalla disabilità o dalla differenza, è benvenuto e sostenuto e dove tutti gli studenti apprendono insieme e sviluppano a pieno le loro potenzialità – scolasticamente, socialmente ed emotivamente. Un luogo che rispetta e valorizza la diversità e prepara tutti gli studenti a essere membri delle comunità nelle quali lavoreranno e vivranno. Questa è la scuola a cui tutti gli studenti hanno diritto, compresi quelli con sindrome di Down e altre disabilità.

Quando i bambini sono inclusi fin dall’inizio, sono date loro le migliori opportunità di sviluppare il rispetto reciproco, la comprensione e le competenze di cui hanno bisogno per vivere insieme nelle diverse comunità di oggi.

Ma in molte parti del mondo, tanti bambini con sindrome di Down e altre disabilità continuano ad essere esclusi dalle aule scolastiche regolari, si vedono negato l’accesso a un’educazione inclusiva e vengono deviati verso un percorso di vita “speciale”, alternativo e separato, con conseguenze permanenti.

Molti paesi ancora negano o limitano il diritto degli studenti con sindrome di Down e altre disabilità ad essere educati in classi regolari. O consentono agli studenti con disabilità di essere iscritti nelle scuole tradizionali, ma non forniscono formazione adeguata del personale, risorse educative, aggiustamenti del curriculum e supporti appropriati per accoglierli realmente e collocarli in classi regolari. Anche in Italia, che ha chiuso le sue scuole “speciali” negli anni ‘70, il solido quadro normativo non è sufficiente a garantire un’educazione inclusiva per gli studenti con sindrome di Down e altre disabilità.

L’educazione inclusiva è un diritto umano fondamentale di ogni bambino ed è supportata da oltre 40 anni di ricerca che stabiliscono in modo schiacciante che ci sono migliori risultati scolastici e sociali nelle classi scolastiche regolari rispetto a classi “speciali”.

È tempo di rimuovere gli ostacoli all’educazione inclusiva e costruire un mondo – iniziando dalle nostre scuole – che risponda ai diversi bisogni di tutti i bambini e accolga e includa ogni bambino per l’individuo che è.
L’inclusione è un diritto umano

L’Articolo 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità riconosce il diritto a un’educazione inclusiva come diritto umano delle persone con disabilità. Il Commento Generale No. 4 emesso dal Comitato delle Nazioni Unite sulla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità il 26 Agosto 2016, fornisce orientamenti ai Governi su cosa si intende per “educazione inclusiva” e su ciò che devono fare ai sensi dell’Articolo 24. Esso precisa che l’educazione inclusiva non è:

Esclusione – la negazione dell’accesso a qualsiasi istruzione;
Segregazione – l’educazione di studenti con disabilità in ambienti separati (es. scuole “speciali” separate o unità e classi “speciali” nelle scuole tradizionali), distinti da studenti senza disabilità; e
Integrazione – collocare gli studenti con disabilità in classi tradizionali a condizione che lo studente si adegui ai requisiti preesistenti e standardizzati della classe.

L’inclusion è la best practice

Le prove a favore dell’educazione inclusiva sono schiaccianti. Più di 40 anni di ricerca mostrano che quando gli studenti con disabilità sono inclusi, tutti gli studenti imparano e ottengono di più, dal punto di vista scolastico e sociale.

Una rassegna completa del 2008 di tutti gli studi su un periodo di 40 anni ha rilevato che in NESSUNO studio si rilevano risultati migliori per gli studenti con disabilità intellettive in contesti “speciali”.

La più recente rassegna completa di 280 studi provenienti da 25 paesi, pubblicata nel 2016, ha fatto emergere:

“Vi sono prove chiare e inequivocabili che i contesti educativi inclusivi possono conferire sostanziali vantaggi a breve e lungo termine per gli studenti con e senza disabilità. Un ampio corpo di ricerche indica che gli studenti sviluppano competenze più solide in lettura e matematica, hanno tassi più alti di frequenza, hanno meno probabilità di avere problemi comportamentali e sono più propensi a completare la scuola secondaria rispetto agli studenti che non sono stati inclusi. Da adulti, gli studenti con disabilità che sono stati inclusi hanno più probabilità di essere iscritti ad una formazione post-secondaria e di essere assunti o di vivere in modo indipendente. Tra i bambini con sindrome di Down, vi sono prove che la quantità di tempo trascorso con coetanei dallo sviluppo ordinario è associata a una serie di benefici scolastici e sociali, come una memoria migliorata, un linguaggio più efficace e abilità letterarie”.

L’inclusione è meglio per tutti

La ricerca ha costantemente dimostrato che gli ambienti di apprendimento inclusivi non hanno alcun impatto negativo, mentre ne hanno alcuni positivi sulla performance scolastica degli studenti non disabili.

Essa dimostra anche che i bambini che condividono scuole inclusive con bambini con disabilità hanno atteggiamenti più positivi verso la differenza, migliori abilità sociali e consapevolezza, comportamenti meno turbolenti e valori personali ed etici più sviluppati.

Come andiamo oltre?

Per realizzare un sistema pienamente inclusivo per tutti i bambini, dobbiamo rimuovere le barriere che continuano ad esistere e che negano a molti bambini, compresi i bambini con sindrome di Down, il diritto a un’educazione inclusiva – sia sistematicamente, sia influenzando gli atteggiamenti di dirigenti scolastici e insegnanti e le decisioni dei genitori.

Possiamo farlo:

Affermando diritti: Affermare il diritto degli studenti con sindrome di Down e altre disabilità a un’educazione inclusiva a fianco dei loro pari non disabili.

Consapevolezza della comunità e sfida ai luoghi comuni: Aiutare le nostre comunità a comprendere l’importanza e i benefici dell’educazione inclusiva, compresa la sfida a luoghi comuni come quello per cui gli studenti con disabilità hanno un impatto negativo sugli altri studenti, e alla presunzione che gli studenti con disabilità debbano essere educati in scuole o aule “speciali”.

Impegno politico: Garantire che i nostri rappresentanti politici agiscano per creare solidi quadri normativi che monitorino la trasformazione dal sistema educativo generale a un sistema educativo inclusivo, compresi modelli di finanziamento che non siano orientati a favorire la segregazione degli studenti con disabilità nelle scuole e aule “speciali”, e meccanismi di denuncia efficaci ed efficienti per le violazioni dei diritti educativi.

Promuovere culture scolastiche inclusive: Favorire aspettative elevate e culture scolastiche dell’accoglienza con un’attitudine positiva alla collaborazione tra amministratori, insegnanti, genitori e studenti.

Buone prassi inclusive: Identificare strutture e pratiche inclusive e dove sono attuate nelle scuole di tutto il mondo, per dimostrare come quelle scuole accolgano con successo tutti i bambini, sfidando strutture e approcci che escludono e segregano gli studenti con disabilità.

Sostegno agli insegnanti: Supportare e formare gli insegnanti, gli insegnanti di sostegno e gli amministratori scolastici, per garantire che abbiano la consapevolezza e le competenze per accogliere tutti gli studenti e lavorare in modo collaborativo con i genitori.

Sostegno alle famiglie: Fornire informazioni di qualità alle famiglie e a coloro che si prendono cura di bambini con disabilità sui benefici dell’istruzione inclusiva e sostenerli ad accedere a un’educazione inclusiva per il loro bambino e a lavorare in modo collaborativo con le scuole.

Responsabilità: Assicurare che i sistemi educativi rispondano dell’educazione degli studenti con disabilità. Questo include il monitoraggio dell’efficacia delle leggi e delle politiche e la raccolta di dati disaggregati e accurati sui risultati e sul livello a cui hanno accesso gli studenti con disabilità in classi regolari in ogni scuola.

Perché la battaglia per l’inclusione in Italia
non è ancora finita?

Perché parlare di inclusione in Italia, se siamo stati il primo paese al mondo a chiudere le scuole speciali oltre 40 anni fa e tutto il mondo ci riconosce il ruolo di pionieri nel riconoscimento di questo fondamentale diritto umano?

Nel 1977, con un atto molto audace abbiamo messo fine alla pratica discriminatoria di segregare gli studenti con disabilità chiudendo le scuole speciali – ne rimangono poche oggi, oltre il 96% di studenti con disabilità sono educati in classi regolari insieme ai loro coetanei.

Eppure, nonostante le leggi e le politiche progressiste dell’Italia in materia e decenni d’integrazione, c’è ancora del lavoro da fare per garantire un’educazione davvero inclusiva per ogni alunno. Fino a quando non si realizzerà questo obiettivo, le possibilità di alcuni bambini continueranno a essere compromesse e la minaccia di regredire all’istruzione segregata rimane presente.

Uno dei problemi è che l’approccio iniziale dell’Italia, che ha preceduto la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità di quasi 3 decenni, era basato sull’idea di “integrazione”. Il General Comment n. 4, che è un documento di orientamento delle Nazioni Unite sul diritto all’educazione inclusiva, chiarisce la differenza tra “integrazione” e “inclusione”:

• “L’integrazione è un processo di collocamento delle persone con disabilità nelle strutture educative esistenti, a condizione che possano adeguarsi ai requisiti standard di tali istituzioni”

• “L’inclusione comporta un processo di riforma sistemica che richiede cambiamenti e modifiche nel contenuto, metodi di insegnamento, approcci educativi, strutture e strategie per superare le barriere. L’obiettivo è fornire a tutti gli studenti della fascia di età un’esperienza di apprendimento equa e partecipativa in un ambiente che risponda al meglio alle loro esigenze e preferenze.”

Il concetto di integrazione si basa inoltre su un “modello medico” di disabilità, che inquadra la disabilità come qualcosa che dobbiamo “aggiustare”, per rendere le persone con disabilità più simili alle persone non disabili. Nel contesto scolastico, ciò si è tradotto nell’idea che il “problema” è la disabilità dello studente, e non in che modo l’ambiente risponde alla disabilità. Non abbiamo fatto abbastanza per garantire che i contesti scolastici diventassero accessibili e veramente inclusivi nei confronti della diversità umana presente nella popolazione studentesca.

L’inclusione, invece, riconosce e abbraccia la diversità come legittima e obbliga la scuola a garantire che siano accessibili e inclusivi per ogni studente.

Se è vero che in Italia gli studenti con sindrome di Down frequentano scuole regolari con i loro coetanei, per gli studenti con determinati tipi di disabilità, il sistema scolastico tradizionale non è ancora una reale possibilità – come ad esempio alcuni studenti con disabilità intellettive o psicosociali severe, alcuni studenti autistici non verbali, e quelli con disabilità multiple e complesse che hanno bisogno di assistenza quotidiana. Il risultato è che questi studenti vengono ancora rifiutati e indirizzati nelle poche scuole speciali che rimangono in Italia oggi.

Il più grande fallimento dell’inclusione è affermare che essa sia possibile per alcuni alunni con disabilità e per altri invece sia meglio un percorso specializzato. L’idea che l’istruzione segregata sia una risposta accettabile in base al grado di disabilità, non è difendibile nel XXI secolo – in Italia o altrove.

Non dovrebbe funzionare in questo modo, non sono i bambini infatti che devono adattarsi al sistema – per dimostrare che sono all’altezza della scuola stessa e dei suoi programmi. È la scuola che deve cambiare e le barriere che impediscono ad alcuni studenti di accedere a un’istruzione inclusiva di qualità devono essere rimosse. Incluse le barriere culturali create da atteggiamenti che svalutano gli studenti con disabilità, come per esempio nelle scuole in cui studenti con diabilità vengono rifiutati in quanto “non idonei” oppure la loro iscrizione scoraggiata nel tentativo di proteggere la fama dell’istituto ad alto rendimento scolastico.

Non c’è dubbio che l’Italia abbia rivestito un ruolo importante nella storia quando si tratta inclusione degli studenti con disabilità e che offra importanti prospettive e che dalle sue buone prassi possano trarre beneficio altri paesi, ma il nostro lavoro è tutt’altro che finito. Ci sono ancora scuole che respingono studenti con disabilità a dispetto del quadro normativo, ci sono studenti che sono costretti ad attendere mesi dall’inizio dell’anno scolatico per avere un insegnate di sostegno, troppo spesso gli studenti con disabilità sono ignorati dagli insegnanti curricolari e la loro istruzione è totalmente delegata all’insegnante di sostegno, e sono ancora troppe le ore che gli studenti con disabilità passano fuori dalla classe, in aule di sostegno a lavorare solo con l’insegnate di sostegno.

La scuola deve diventare la scuola di tutti, senza lasciare indietro nessuno. Perché la piena inclusione si realizzi servono modifiche strutturali e organizzative, un adeguamento dei programmi, una formazione specifica per gli insegnanti e i dirigenti scolastici. È necessario ripensare le modalità didattiche affinché siano accessibili a tutti gli alunni in classe indipendentemente dalle loro caratteristiche o il modo in cui apprendono. In un’epoca in cui la diversità è sempre più la norma, un’educazione autenticamente inclusiva è l’unica risposta possibile, non solo per gli alunni con disabilità, ma per gli studenti stranieri, per gli studenti provenienti da famiglie fragili.

Infine è necessario anche un passo avanti culturale: abbiamo bisogno di coltivare una cultura, a scuola e nella comunità più allargata, che incoraggi il riconoscimento della diversità umana non solo come naturale, ma anche come preziosa – in modo che le famiglie degli alunni senza disabilità non temano un impatto negativo sui propri figli, e accolgano e riconoscano i benefici della vera inclusione che la ricerche dimostrano.

Un’istruzione di qualità e autenticamente inclusiva deve diventare la prassi non un caso di eccellenza che dipende dalla buona volontà di singoli – dirigenti, insegnanti curricolari o insegnanti di sostegno – riservato solo agli studenti abbastanza fortunati da incontrarli. L’educazione dei nostri figli non dovrebbe essere lasciata alla fortuna o una ad una congiunzione astrale fortunata – è un diritto umano di tutti che deve essere riconosciuto e rispettato senza compromessi.