Etichettare. Si tende a farlo spesso. Perchè si appartiene ad un gruppo, perchè si hanno dei tatuaggi, perchè si ascolta una certa musica, perchè si frequentano certe persone, perchè si è abituati a ciò che quella persona ha fatto in passato, e perciò si pensa sia difficile cambi. Si etichetta per una disabilità, e da lì ci si crea un immaginario comune negativo, fatto di difficoltà, sbocchi lavorativi improbabili, rapporti interpersonali impossibili.
Se penso a me e ad Alessia … Ci si vedeva solo in estate, al mare, io, lei e Giulia, le uniche della spiaggia con quella ridicola cuffia in testa perchè avevamo i capelli lunghi (ok Giulia, tu no!). Cresciute eravamo le classiche ragazzine esuberanti, casiniste, che comunicavano tra di loro con lughissime lettere. Quanto mi sono divertita quell’estate a casa tua, a fare la caccia al tesoro, a fantasticare su quel ragazzo che si pensava ci avesse notato e invece no…!
Poi ci siamo perse di vista, ritrovate, ed infine ognuna di noi ha deciso la propria strada, capitata, scelta… che differenza fa? Abbiamo scoperto le nostre risorse nascoste e ci siamo ritrovate a dire
” le emozioni e le lacrime condivise…per chi ha la fortuna di amare cio’ che gli altri definiscono handicap!”

Ecco la storia della mia amica Alessia e del suo Luca…

Ma, che ne dici di un racconto per il sito? Tu che straguardi con il cuore? Dai…!”
Dopo aver ricevuto questo messaggio alle 22.57 son andata a dormire… pensando a quanto onorata sarei stata di finire sulle ‘pagine’ di quel blog che tanto mi fa emozionare ogni volta che lo leggo! ‘Guarda con il cuore’…sembra che anche il nome creato dalla mia amica Daniela sia fatto apposta per me e Luca.
A volte crediamo che l’unico modo che abbiamo per ‘guardare’ siano gli occhi, ma ho imparato che non è così.
Luca ha 35 anni e dall’età di 5, per un problema che non è mai stato chiarito, ha perso quasi totalmente la vista per la lesione di entrambi i nervi ottici. E’ cresciuto come un bimbo normale, andando in bicicletta, sciando, giocando a calcio, nonostante il suo handicap lo limitasse parecchio. Ha imparato ad essere autonomo, a crearsi degli spazi e dei piccoli accorgimenti per facilitare la quotidianità e, dall’età di 20 anni, abita da solo.
Luca lavora al centralino dell’Ospedale di Udine, ed è così che l’ho conosciuto.
Ricordo ancora la telefonata…di solito, quando chiamo il centralino, non mi presento mai come ‘Alessia’, ma sempre come ‘Clinica Medica’… il 29 marzo non è andata così!
Al mio ‘Ciao, sono Alessia…Clinica Medica…’ dall’altra parte hanno risposto
‘Ed io sono Luca, l’uomo della tua vita!’…la risata è stata quasi d’obbligo, finchè, dopo uno scambio di battute, io chiedo il numero della Medicina di Cividale e Luca risponde lasciandomi il suo numero di cellulare. Inizialmente nemmeno mi accorgo di che numero mi abbia lasciato…finchè lui mi dice ‘ Guarda che questo è il mio cellulare, ma se vuoi ti lascio anche il numero della Medicina di Cividale ’
Il numero era lì, scritto su un foglietto, mi chiamava…allora ho pensato ‘Perché non mandargli un sms? Tanto che può succedere?’. Son sempre stata un po’ pazza, Daniela lo sa bene…ma sentivo che c’era qualcosa in quella voce, in quel numero…qualcosa che mi chiamava. Quella voce al telefono mi aveva scombussolato la giornata..e mi avrebbe cambiato la vita.
Abbiam iniziato a frequentarci, imparato a conoscerci, e dentro di me sentivo che lui sarebbe stato quello giusto…era tutto ciò che volevo, che sognavo, che avevo sempre sperato di trovare! Ricordo il primo caffè bevuto a casa sua…ero agitatissima…e continuavo a chiedermi ‘Ma se è ipovedente, come fa a vivere da solo? Come ha fatto a prepararmi il caffè? Quanto e come mi vede?’ Mentre il nostro sentimento cresceva io ancora non riuscivo a capire quanto la sua condizione lo potesse limitare…
ricordo il primo week end passato assieme a Caorle…da ‘furtivi’ come ci definivamo…
volevo fotografare le casette colorate dei pescatori, alla foce del fiume, e così gli dico ‘Adesso voglio fare la foto alle casette colorate laggiù, vedi?’ e lui, in tutta serenità risponde ‘No, non vedo!’ mi sono sentita gelare il sangue…era solo l’inizio di una serie di gaffe che avrei fatto!
Temevo che sarei stata troppo apprensiva e protettiva…che l’avrei fatto sentire in difficoltà, che non sarei stata in grado di gestire il suo handicap, che mi sarei fatta mille problemi per aiutarlo e fare le cose per lui.
Invece, come di solito accade, le cose che ci sembrano più difficili alla fine si risolvono da sole. Vivere con Luca è come vivere con un ‘normodotato’ (che brutta parola!). E’ più autonomo di mille altre persone che ho conosciuto, è autoironico, riconosce i suoi limiti e ci gioca, ci scherza e questo rende tutto più facile! Non c’è stato un solo attimo in questi 8 mesi in cui io abbia vissuto la sua ipovedenza come qualcosa di limitante per me, per lui o per il nostro rapporto. Ricordo ancora quando, camminando sul lungomare a Caorle mi ha detto
‘Vedi dove sto camminando? Finora, nelle mie passate relazioni, ho sempre camminato un passo indietro rispetto alla mia compagna. Con te è diverso! Mi sento di camminare al tuo fianco, anzi, addirittura un passo avanti per poterti proteggere!” Credo sia stata la dichiarazione d’amore più bella che potessi sperar di ricevere.
Alle volte mi stupisce dicendomi ‘Hai visto la luna?’… e quando lo guardo mi sorride e dice ‘Non chiedermi nulla … la vedo!’ mille volte ho provato a chiedergli ‘Tu come vedi? Cosa vedi?’ ma, non avendo lui termini di paragone in quanto non ricorda come vedeva prima del problema che ha avuto da bimbo, non riesce a darmi una spiegazione….forse la risposta che a questo punto sembra la più azzeccata è proprio che Luca ‘GUARDA E VEDE CON IL CUORE!’.
Ho imparato ad amare ciò che gli altri definiscono handicap, ad amare la diversità, ad amare i problemi che sembrano insormontabili ma non lo sono, ad amare le limitazioni, ad amare l’ordine che non mi appartiene ma lo aiuta, ad amarlo quando mi chiede ‘gentilmente’ di chiudere le ante degli armadi o la bottiglia dell’acqua, ad amarlo quando mi chiede ‘Ma questo maglioncino è blu o nero?’, ad amarlo perché se usciamo a cena non posso bere perché devo guidare dato che lui la patente non ce l’ha e non la potrà mai fare, ad amare il suo ‘Fidati di me, tutto andrà bene’, ad amare la naturalezza e l’ironia con cui mi parla di sé, ad amare la sensibilità esagerata delle sue mani quando mi accarezza i capelli anche mentre dormo, ad amare LUI.
Ho imparato a guardare con il cuore… ed è per questo che l’11 maggio ci sposeremo!”

E io non vedo l’ora di conoscerlo Ale…!