Lo zoo di Lignano è abbastanza grande, immerso nel verde, ben curato e dettagliato nei particolari descrittivi degli animali.

Ogni anno ci porto Tommaso, notando come il suo interesse verso gli animali e le loro caratteristiche, cresce sempre più. Invece dovrebbe calare quello relativo alla “zona giochi ricreativi” del parco, ma mi sa che per quest’anno prevale ancora la gioia del gioco su altalene, scivoli e navi dei pirati…!

Ne approfitto per fare due chiacchere con la mia amica Katia, quella “giovane”, che mi ha accompagnato qualche giorno al mare per aiutarmi con i bambini.

In quest’area giochi vedo tante mamme urlanti, che perdono la pazienza per così poco, che si rivolgono ai bambini per intimidirli più che per essere complici dei loro giochi, uscendo con frasi, secondo me, fuori luogo:

“lascia stare tuo fratello, è piccolo, tu sei grande, perchè non capisci?” – e magari il bambino grande ha 7 anni…

“non salire là sopra perchè poi cadi” – beh, se magari eviti di portare scalogna…

“ancora un giro e poi andiamo, non si discute” – e magari continuano a chiaccherare facendo sì che i giri diventino 5 e non 1, ma poi danno uno sculaccione per strappare il bambino dalla giostra…

Io non sono una terapista, né una pedagogista, sono solo una mamma coscenziosa che si rende conto che il “mestiere del genitore” è il mestiere più difficile al mondo, ma basta chiedere aiuto, informarsi, leggere, e così imparo ad usare le frasi giuste, non cedere alla frustrazione davanti ai bambini, a lodare il bambino quando fa qualcosa di bello e non solo a sgridarlo quando fa qualcosa di sbagliato, a sorridere tanto e ad urlare poco.

E mentre tengo sta barbosa lezione a Katia, vedo arrivare dei ragazzi down, accompagnati dai loro operatori…

… e lì casca il palco.

Mi ritrovo a guardarli con tristezza, proiettando Emma in un futuro fatto di atteggiamenti fuori luogo, di sguardi persi, di passeggiate “mano nella mano” con adulti, come se fossero sempre bambini, di immagini come quella descrittami da Kalinka, che mi diceva “ho visto una scena bellissima di una mamma sul bagnasciuga che correva dietro a sua figlia down, dicendole – ti prendo ti prendo – e la RAGAZZA correva via felice!”.

Ragazzadown – giocava come se avesse due anni – NO SCENA BELLISSIMA!

Per fortuna Katia si accorge della mio triste film mentale, e prendendomi una mano, mi dice:

“ricordati cosa ti ha detto il prof. Baccichetti: se tu gli scrivi il futuro, se tu dai per scontato che debbano comportarsi in un certo modo, se tu non credi in loro…

“Sei tu, mamma, la prima che discrimina”.

Guardo Emma, tranquilla nella sua navetta

guardo quei suoi meravigliosi occhi

e mi vergogno per il pensiero appena fatto, perchè io sto cercando di non etichettarla, di non etichettare le persone con la sindrome di Down, e invece in questa occasione io mi sono limitata a giudicarli dall’aspetto esteriore, senza guardare oltre.

Ma anch’io sto imparando. Anch’io ho bisogno di tempo, per comprendere e per maturare.

Sto crescendo come mamma-down.

Un po’ come sta crescendo l’interesse di mio figlio per gli animali dello zoo e calando quello per il parco giochi.

E il prossimo anno andrà meglio. Ne sono certa!