E l’inclusione è differente dall’integrazione.
La prima, guarda al singolo, nel senso che prima interviene sul soggetto diversamente abile e poi sul contesto. La seconda invece è un processo che guarda tutti i componenti di un gruppo, indistintamente e differentemente, e a tutte le loro potenzialità. Interviene prima sul contesto, poi sul soggetto.
Lo sport è l’elemento fondamentale per toccare il piano emotivo, dinamico e ludico, adatto ad intensificare la coscienza di sé e del proprio corpo. Lo sport unisce l’attività fisica con quella ricreativa, favorisce la salute, il benessere fisico e psicologico, e può essere fonte e motore di inclusione sociale di particolari gruppi di persone che in altri contesti verrebbero escluse.
Lo sport che unisce e va oltre ogni barriera, questo il filo conduttore di “Baskin”.
Il “Baskin”, termine ispirato alle parole “basket” e “inclusione”, è una disciplina sportiva innovativa – made in Italy – progettata appositamente per valorizzare la partecipazione di tutti senza nessun tipo di discriminazione.
Il “Baskin” si ispira al Basket ed è aperto a tutti: maschi e femmine, persone con e senza disabilità, sia essa fisica o intellettiva, con tanta o poca esperienza sportiva, con elevate o ridotte competenze tecniche in basket.
Il “Baskin” crea una ricerca dell’equità nella competizione, grazie ad un complesso ed ingegnoso equilibrio tra agonismo e partecipazione di tutti, tra premiazione delle eccellenze e tutela delle fragilità.
Conosco Luca e la sua bellissima Rosita da molti anni. Un meraviglioso incontro in spiaggia, attirati dagli occhi a mandorla delle nostre figlie.
Luca mi ha proposto di assistere ad una partita di campionato vicino a casa, qualche domenica fa. Ci sono andata insieme ad Emma, e ciò che ho visto mi ha colpito. Non poco.
Mi immaginavo una sorta di partita rallentata, con tempi adatti ai giocatori con disabilità.
Niente di più sbagliato.
Il ritmo era serrato. L’allenatore incitava e correggeva l’agire dei giocatori. Le numerose regole, a me incomprensibili, mostravano ruoli differenti da rispettare. Il numero sulla casacca identifica il giocatore e le sue abilità: da singolo o in” coppia come sostenitore”. Nel senso che il giocatore normodotato non può sovrastare tempi e gioco, ma deve favorire il giocare dell’atleta con disabilità. E quando la palla è in mano di quest’ultimo, i canestri a lato, uno alto e uno più basso, fruttano punti che valgono il doppio.
Se dovessi descrivere a parole lo sguardo del giocatore che porgeva la palla ai ragazzi a lato campo, direi: infuocato, motivante, fiducioso. E quello sguardo fruttava canestri su canestri!
La partita si è conclusa con una vittoria da parte della Zio Pino Baskin, ma mai in un finale di partita ho visto sguardi reciproci tanto carichi di stima e rispetto.
E non credo sia comune il vedere un’infiltrata d’eccezione tra le cheerleader della squadra, durante l’esibizione finale! Grande Rosita! Sei fantastica!
Carissimi, vi aspetto alla mia Settimana Estiva per famiglie di bambini con la sindrome di Down!