Lo sapete cosa significa la parola carillon?
“Il carillon è uno strumento musicale automatico del diciannovesimo secolo che produce musica facendo vibrare, con delle punte poste su un cilindro o su un disco rotante, delle lamelle di acciaio disposte a pettine.
Alcuni di questi hanno inoltre dei piccoli piatti a percussione o dei campanelli (sempre meccanici). Questi strumenti hanno generalmente dimensioni molto ridotte, ma alcuni (rari) esemplari raggiungono le misure di un grosso mobile d’arredamento”.

L’anno scorso io e Sabrina Monaco avevamo scelto questo nome per i nostri incontri proprio per fare riferimento al vibrare e all’ amplificare delle emozioni che in un incontro così piccolo potevano nascere.
Anche quest’anno proponiamo un ciclo di 3 incontri nel bellissimo scenario di Villa Frova (stevenà – PN), il sabato pomeriggio, per dar modo anche a chi va a scuola la mattina di poterci essere.
Ho negli occhi tante espressioni ed emozioni viste nei 3 incontri precedenti, che potete sbirciare qui, qui e qui.

L’INCONTRO E’ STATO SPOSTATO ALL’11 APRILE!

L’incontro sarà suddiviso in 2 parti, la prima riservata ad adulti e genitori  che potranno sperimentarsi in un laboratorio gioco che metterà in relazione (il numero dei partecipanti è aperto).
A seguire un dibattito nel quale potremmo parlare del bambino agito rispetto al bambino attivo.
Dopo un veloce coffe break le famiglie che si sono iscritte (massimo 15) potranno nuovamente sperimentare il laboratorio con la presenza dei propri figli.

E a questo punto le cose cambieranno… l’ho provato su me stessa, non è facile entrare in relazione con noi in un laboratorio emozionale, tantomeno se ci sono anche i nostri figli, che ascoltiamo, sproniamo, direzioniamo, limitiamo, regoliamo.
Ad un incontro dell’anno scorso dicevo:
“Per dirla tutta non è stato così facile fare questo laboratorio, perchè dentro di me mi chiedevo “bel lavoro” o “lavoro spontaneo”? E poi… bello per chi? Mio marito ha fatto un progetto degno di un costruttore di dighe per mettere in piedi il nostro cuore, e Tommaso non ha apprezzato il mio tocco boscolico delle corteccine, e mi ha detto “mamma non è che ci stanno tanto eh…”. Quando poi Sabrina ci ha chiesto di far uscire l’emozione che il nostro lavoro ci suscitava, io ho scritto calore e amicizia… e non sono certo emozioni! Ci ho molto pensato poi… e mi ha stupito che io proprio io non fossi riuscita a pescare quell’emozione, io che vivo di emozioni ogni giorno. Forse è il mettere parole a quelle emozioni, la cosa difficile?”

Staremo a vedere!
D’altronde:
Life isn’t about waiting for the storm to pass…
it’s about learning to dance in the rain.

(La vita non è aspettare che la tempesta passi…
si tratta di imparare a ballare sotto la pioggia.)