La consapevolezza.

Che parola profonda. Specie se ne si approfondisce il significato.
La consapevolezza è una presa di coscienza di ciò che siamo, intimamente.
Non è soltanto il sapere, più legato all’ essere informati su qualcosa, cioè la conoscenza, ma è uno spingere la cognizione all’interno, ponendosi domande su come i nostri occhi vedono e affrontano ciò che ci appare, e quali schemi inconsci questo ci crea.
La consapevolezza è la capacità di osservare e comprendere la realtà per come è davvero, al di là dei nostri schemi mentali, dei pregiudizi e dei nostri punti di vista.

Facile?
Per niente.

Conosco molte persone che questo lavorio interno nemmeno lo considerano fattibile.
Soprattutto non lo considerano necessario.
E li vedo muoversi, incessantemente, spesso in un bel corpo, sano, e quando parlano tutto è incentrato su di loro, sul lavorare per poter acquistare, sul lavorare per potersi divertire, e i valori di cui parlano sono limitati a se stessi, o a ciò che li circonda.
E mentre li ascolto, quasi incredula, elencare in cosa hanno speso centinaia di euro, penso.

Penso al mio essere stata un’adolescente ribelle, testarda, che se non otteneva ciò che voleva puntava i piedi e se ne andava. Alle compagnie che a volte ho frequentato, vuote, quasi poco raccomandabili, ai fidanzati sbagliati, al mio volersi conformare a loro, per piacergli, per sentirmi apprezzata.

Penso a quella ragazza sola, che qualche giorno fa mi ha donato la sua storia. Sola, con 3 figli, il marito risposato altrove, un lavoro precario, una mamma appena salutata per sempre, un papà che in qualche modo la sostiene, un bambino che non ha superato il parto. Rivedo i suoi occhi mentre si racconta, e il suor sorriso di difesa.

Penso al bambino che tanto mi fa nascere pensieri in seduta di pratica psicomotoria, lui che distrugge tutto, lui che è additato come cattivo da insegnanti e compagni, lui che quando lo fermi è tensione palpabile, lui che quando lo abbracci o ti si scoglie addosso o ti scaccia con violenza. Lui che dice “mettimi il telo sopra la casa, chiudimi dentro come in una tomba”.

La consapevolezza non è cosa che si insegna, è costruita in base a come ci rapportiamo con il mondo, e da come il mondo ci risponde, forgiando una personale scala di valori, che è appunto, personale e unica.
Si può sviluppare?
Lo credo fermamente.

In questo interessante sito, diventarefelici, ci sono numerosi spunti che ci portano a guardare dentro noi stessi e a capire che davvero la consapevolezza è legata alla felicità, quantomeno ad un equlibrio interiore che ci fa sentire in pace.
Non so se si può mantenere durevole, ma come tutti i traguardi interiori credo sia necessario non sentirsi mai arrivati, bensì in costante crescita.

Io per ora la considero un’autoanalisi in movimento, dove cerco di migliorare il mio rapporto con il mondo e me stessa, con la mia famiglia e con ciò che è rimasto irrisolto del passato, dove riconosco i miei limiti, dove posso trovare posto per il mio NO, dove mi apprezzo per come sono, grazie a quell’enorme distanza che c’è tra l’adolescente di allora e la donna che sono adesso.

Per ora mi ascolto tanto, faccio posto dentro di me per far posto all’altro, e cerco di dare strumenti ai miei figli che a me bambina non sono stati dati.

Domenica pomeriggio… io  e mio figlio Tommaso, di 9 anni e mezzo… il nostro primo bagno di Gong… insieme… solo io e lui.

Buon fine settimana a voi…