Sabato scorso ci siamo alzati tardi, Giovanni e Tommaso avevano da fare “cose da maschi” e così ho pensato alla mia amica Ashley e al brunch americano, e dopo una colazione/pranzo alle ore 11.00 ognuno ha lasciato casa, per destinazioni diverse.
E io ed Emmina siamo andate al vivaio a comprare fiori!
Mi piace andare in quel vivaio, ci sono tanti tipi di fiori particolari, una miriade di piante perenni, le clematis, le piante aromatiche, le piante per il laghetto, il carrettino trasporta fiori, ma soprattutto mi piace perchè si respira quell’aria familiare che ti fa sentire a tuo agio.

Emma sul carrettino porta fiori

Ci vado da sempre, e da sempre apprezzo chiaccherare con lui, il titolare, il così detto “nonno Giovanni” per quel suo fare cordiale e gentile con tutti, soprattutto con i bambini. Quante cioccolate calde hai offerto a Tommaso… e ora è il turno di Emma!

cioccolata calda

Appena arrivate ci ha accolto con un caloroso saluto da lontano, mentre sistemava delle vaschette insieme ad un giovane aiutante. Io ed Emma ci siamo messe a scegliere i colori delle pansè, e come sempre succede, la interpello sulle scelte da fare, le do la possibilità di muoversi e sperimentare da sola, proprio come mi è stato consigliato dall’illuminante corso del dott. Lagati
“Parla, anche se ti pare di essere un altoparlante rotto, parla, dai voce alle sue azioni”
e io aggiungo “usa un tono sincero, (anche perchè sennò se ne accorgono!) che la faccia credere in sè stessa”.
All’inizio dire ad alta voce i pensieri condivisi tra noi non era così naturale,  era quasi imbarazzante, perchè ad esempio suona così:
” bene, hai parcheggiato il carretto, quello che hai scelto tu, con le ruote grandi e gialle… però era pesante da portare, vero? E allora ci sei salita tu! ahah!
Ora mi aiuti a scegliere le pansè? Guarda, le pansè sono questi fiori, hai visto di quanti colori ce ne sono? Proviamo a dirli… giallo, viola, blu… e le foglie sono tutte verdi… proprio come l’erba del nostro giardino! Vuoi caricarle tu sul carretto? Aspetta… prendo un contenitore così vai meglio”.
E magari, giusto per aggiungere quel qualcosina in più, le porgo due vasetti di fiori, e non solo uno, in modo da stimolarla a trovare una piccola strategia.

IMG_5258 IMG_5259IMG_5261

In tutto questo gran lavoro si avvicina Giovanni. Mi stringe delicatamente il braccio e mi guarda dritto negli occhi, dicendomi:
“Sei una mamma stupenda. Sai a quante mamme parlo di te? Già con Tommaso si vedeva che eri particolare, ora con Emma sei davvero un esempio”

Il signor Giovanni non è giovanissimo, penso abbia sui 70 anni, percorre il vivaio 500 volte al giorno, a piedi o sulla sua bicicletta Bianchi, e anche se ha male alla schiena e al ginocchio, sorride.
Lui sposato da una vita con la Bruna, che ti accoglie all’uscita con una pazienza infinita e che ben si destreggia con casse supertecnologiche.
Lui cognato di una donna con sindrome di Down che ora non c’è più.
Lui che usa termini superati per parlare di sindrome di Down, ma a sentire quella parola, mongoloide, non mi sento offesa, perchè è pronunciata da un uomo che stimo, e che magari, come dice mio marito, utilizza il termine “calcolatore” invece di “computer”, proprio perchè appartenente ad un’altra epoca.

Mi racconta di come si rattrista nel vedere tanta apparenza, persino lì, nel suo vivaio…
Bambini che se si fanno una piccola macchia protestano eccessivamente, mamme che urlano di non andare a vedere quei fiori perchè i bambini non insossano le scarpe adatte (in un vivaio con le ballerine di vernice…?) bambine di 5 anni che, dopo aver aspettato l’esecuzione di una confezione fiorita, se ne escono con un “ma i colori non sono ben abbinati!”
Mi dice che si è dovuto avvicinare per vedere se era davvero Emma, perchè la sentiva rispondere alle mie porposte, e perchè quelle risposte le comprendeva pure lui.
Mi racconta di sua cognata, di come era amata in famiglia, e di come si è percepito un vuoto quando se ne è andata.
Mi parla di quel ragazzino con la sindrome di Down che ogni qual volta viene al vivaio i genitori gli bloccano le mani, perchè ritenuto troppo “vivace”. (è forse questo il bambino di cui parla?)
Si ricorda di quel personaggio con ritardo mentale che viveva in paese, e alla frase che spesso gli diceva “mia madre mi ha sempre tenuto nascosto perchè si vergognava di me”.

Io ascolto, mentre Emma si infila tra le vasche delle piante, raccoglie un legnetto, disegna sulla ghiaia, finge di fare una spada con un asta di plastica…
Gli racconto del mio sito, degli incontri che organizzo, dell’orgoglio che io e Giovanni proviamo nel vederla crescere felice, di come reputiamo fondamentale riconoscerla come bambina unica, proprio come Tommaso.
E lui se ne esce con una frase degna di un terapista:
“Emma è una bambina fortunata, perchè grazie a voi sarà una bambina aperta, glielo vedi dallo sguardo. E Tommaso farà grandi scelte proprio grazie a questa situazione familiare.”

Uscite, vista la bellissima giornata di sole, siamo andate a fare un giro in macchina tra quelle colline colorate, e non potevo non fermarmi a fare delle foto, se pur con il telefono. Emma a sua volta, tutta protesa di lato verso il finestrino, mi diceva di fermarmi, perchè quella era una foto che meritava fare…
“Femmaaa! queta… foto belllllla!”

colori d'autunno

colori d'autunno

colori d'autunno

E mentre torniamo verso casa ascoltando le canzoncine dei bambini che Emma tanto ama, ripenso alle parole appena sentite, alle nostre scelte “educative”, alla mia amica Megan, che negli States è terapista occupazionale e sostiene che “non c’è terapia migliore di un’ora di dialogo al giorno con il proprio bambino, fatta in maniera intenzionale e sincera”.

Guardo Emma che canta spensierata e si dimena sul seggiolino… E sorrido!