Per me il bicchiere è mezzo pieno.
Io amo sorridere e ridere, abbracciare le persone, ascoltarle, cercare di aiutarle a trovare una soluzione ai loro problemi quotidiani, stare con i bambini ed “alzarmi” al loro livello, giocare.
Ma non sono una psicologa, nè una pedagogista, nè una terapista. Figuratevi che ho frequentato un istituto tecnico quando io invece volevo fare l’istituto d’arte!
Sono semplicemente Daniela. Grazie ad una famiglia che mi ha cresciuto cercando di non disperarsi se le cose andavano in maniera diversa da come le volevamo, e grazie ad un marito che mi ama e sostiene ogni giorno, nel bene e nel male.
Certo, magari sono più fortunata di altre persone, ma che cos’è la “fortuna”? Chi la determina? E soprattutto… chi la giudica come tale piuttosto che “sfortuna”?
Da quando è nata Emma sto imparando a notare che la vita, a volte, ti mette davanti degli avvertimenti affinchè tu scelga di percorrere una strada piuttosto che un’altra. Ed è proprio grazie ad Emma e ad un corso tenuto dall’associazione Down Friuli Venezia Giulia, che ho capito che la mia non è fortuna, ma ha un nome diverso. Si chiama ottimismo.
Molti credono che l’Ottimismo e il suo contrario il Pessimismo, siano atteggiamenti innati e quindi immodificabili; invece una delle scoperte più affascinanti della psicologia moderna è stata quella fatta dal Prof. Martin E. P. Seligman che ha ampiamente dimostrato come si possa imparare a pensare con ottimismo.
L’ottimismo è un processo che permette il cambiamento da uno stato di passività ad uno di attività e di controllo sulla propria vita. Tale cambiamento consente alla persona di abbandonare la passività e diventare attiva, vale a dire di mettersi all’opera e diventare autrice della propria vita.
Ciascuno di noi ha un modo abituale di spiegarsi la realtà circostante e gli eventi che accadono nella propria vita e questa modalità di pensiero si chiama stile esplicativo. Esistono 3 dimensioni fondamentali dello stile esplicativo, il pensiero positivo si differenzia da quello negativo per una focalizzazione diversa in ciascuna di queste dimensioni.
Nell persona pessimista di nota:
1) la tendenza a pensare che le cose negative siano piuttosto permanenti, cioè molto durature.
2) la tendenza a generalizzare la negatività e percepirla come pervasiva di tutta la vita
3) la tendenza a considerarsi come la causa della negatività e cioè farne una questione personale
4) la tendenza ad ingigantire la negatività e percepire i problemi come più pesanti di quanto siano in realtà
C’è da precisare che esistono due tipi di ottimismo. l’Ottimista Ottuso tende a percepire le situazioni negative semplicemente al contrario esatto del pessimista ovvero:
1) di breve durata cioè estemporanee
2) limitate ad un aspetto della vita e non generiche, cioè esclusive
3) non attribuibili alla propria responsabilità, cioè esterne
4) di scarsa importanza cioè esigue
In questo tipo di ottimismo c’è il rischio individuato da Seligman di “de responsabilizzazione” che deriva dall’attribuire sempre a fattori esterni la causa delle situazioni negative.
Infine abbiamo l’Ottimimo Realistico. L’Ottimista Realista cerca di raggiungere i suoi obiettivi anche partendo da una situazione non ancora perfetta. Il motto delle persone che hanno Ottimismo Realistico non è: “tutto è positivo” bensì “la situazione è questa… ma con impegno riuscirò a sistemare le cose al meglio, imparando a fare quello che ancora non so fare!”.
Nel caso del famoso “bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto” l’Ottimista Realista non si batte per dimostrare che sia più vero l’aspetto positivo di quello negativo, poiché sono oggettivamente veri entrambi, tuttavia (supponendo che il bicchiere pieno sia preferibile) cercherà di riempirlo e sarà fiducioso di potercela fare dato che si sente già a metà dell’opera. Egli ha la capacità di percepire le situazioni negative con una combinazione precisa di queste 4 caratteristiche:
1) estemporanee (è convinto che tutto prima o poi cambia)
2) esclusive (il bene o il male non sono mai ovunque)
3) personali (si sente sempre in parte responsabile della situazione o almeno di come risponderà alla situazione)
4) esigue (sa che forse poteva andare peggio e che comunque probabilmente ci sono problemi più gravi)
Voi, a quale gruppo pensate di appartenere?
Ciao Daniela…. certo che il tuo sito offre grandi spunti di riflessione! non mi sono mai più di tanto soffermata a pensare se il mio “pensiero positivo” possa in qualche modo rientrare in un discorso molto più elaborato e complesso, diciamo che negli anni, ho imparato a “gestire” meglio i miei pensieri, sulla linea del “scegli i tuoi pensieri come fossero vestiti!”… in tutto questo di grande aiuto e supporto c’è Gloria, il suo sorriso è talmente contagioso! E così anche nei giorni più grigi c’è sempre un caldo raggio di sole ad accogliermi!
Cara Mary, sono felicissima di vedere un tuo commento, ho letto pure quello che mi hai mandato sul Pianeta, e se mi dai il permesso metto il link al blog in cui si parla di te, e di altri genitori che la vedono in maniera alquanto ispirante. Le parole che abbiamo scambiato a Triuggio le ho ben presente, la tua bambina era un bellissimo esempio di armonia, bellezza, linguaggio elaborato, e dietro a tutto questo ho visto una donna forte e positiva, che non nega le difficoltà della sindrome di Down, ma le affronta, in modo costruttivo e senza piangersi addosso. D’altronde è la teoria del genetista Baccichetti (vedi pagina sdd), dietro una precoce accettazione ci sono bambini con una marcia in più. Grazie ancora, ti abbraccio
Sicuramente positiva! I momenti di sconforto ci sono stati, ma ora penso solo positivo!
cara Giusi, l’importante è che poi si ritorni sulla retta via dell’ottimismo… se ci pensi davvero cambiando qualche termine le frasi che dici prendono un significato diverso, notevolmente diverso!
Dopo taaaanta fatica….sono diventata una Ottimista Realista.
Ma devo dire che le tentazioni verso il pessimismo non mancano…….;)