Esattamente 13 anni fa, a quest’ora, partivamo per l’ospedale. Contrazioni costanti e continue. Stavi per nascere mia tanto attesa Emma.
Dolore indicibile, un’ultima spinta, dolore off.
Eccoti lì, pulita e rivestita tra le mie braccia, con il tuo aspetto particolare e il dubbio di una diagnosi di trisomia 21.
Quando ripenso a quella notte, a quel freddo nel cuore, al senso di colpa, al peso che davo e provavo, non posso che provare gratitudine.
Tu, mia piccola Emma, mi hai reso una persona nuova.
Esatto, non migliore, non diversa, direi piuttosto completa.
Hai saputo infatti riempire i tanti buchi che il mio crescere aveva creato in me. Hai cancellato le etichette di esagerata, sfrontata, inadeguata e improbalbile. Hai spazzato via le profezie autoavveranti di chi mentre curava la mia forma, mi schiacciava in un contenitore di una misura sbagliata e mi costringeva a starci dentro, anche se fatto di un materiale a me poco adatto.
Mi hai mostrato una strada che, forse, mai avrei percorso. Con studi umanistici rivolti alla persona ma soprattutto rivolti a me e al mio essere in divenire.
Mi hai insegnato la calma. Quel tipo di attesa silenziosa che non è vuota. Anzi, è piena di sguardi e di non verbale carico di significato, che fa guardare nella stessa direzione.
Mi hai insegnato il rispetto. Il vero rispetto, che frena la lingua ed evita di dire parole che possono essere muri perchè pescano nelle tante frasi fatte che spesso ci venivano dette durante la nostra infanzia.
Mi hai insegnato il non giudizio. Perchè tu mi mostri come arriviamo nella vita di qualcuno in quel preciso istante, come se aprissimo la pagina odierna del loro libro. Quanto sappiamo del contenuto delle pagine precedenti?
Mi hai insegnato a guardare tuo fratello. Perchè anche se di 4 anni più grande e a sviluppo normo tipico anche lui meritava la stessa fiducia. La fiducia di essere quello che voleva essere, nella sua indole e nelle sue peculiarità.
Mi hai insegnato la felicità. Con le sue tante sfumature. Con i suoi picchi altissimi o con il suo procedere lineare, riconoscendola nelle piccole cose.
Mi hai reso consapevole. Di una cosa fondamentale, mia preziosa Emma: tu e Tommaso non dovete farmi felice. Io posso mostrarvi a mia volta una strada, senza la certezza che la percorriate. E in quel procedere posso dare un nome alle mie paure e ai miei vissuti che riaffiorano.
Posso camminarvi accanto, vicina vicina o un po’ più in là, davanti incoraggiandovi o dietro sospingendovi. O forse senza contatto alcuno. Posso fermarmi e guardarvi andare lontano, fin dove il mio sguardo vi può seguire, posso vedervi scomparire, e riapparire per tornare e restare.
Perciò ancora una volta grazie mia cara Emma.
Grazie per avermi scelto come mamma.