Ci tenevo tanto a conoscere Cristina Acquistapace, questa incredibile donna nata con la sindrome di Down, che viaggia l’Italia per portare la sua storia, di bambina “creduta” e di persona credente. Arriviamo presto, io e mio marito, e abbiamo modo di salutare alcuni amici, Adriana, che ha organizzato l’evento, Gabrile ed Erika, la fantastica nonna Neva, Laura … è sempre un piacere reincontrare o conoscere di persona qualcuno che finora aveva solo un volto virtuale.
Ma Cristina è puntualissima, e ci fanno entrare nella sala perchè sta per cominciare a parlare.
Eccola lì, seduta dietro ad un tavolo da conferenza, con un microfono, di fronte a tante persone arrivate lì per ascoltarla, e la vedo tranquilla, a suo agio, ironica, con la battuta pronta.
E’ un piacere ascoltarla, per la fluidità del suo parlare e per la profondità dei suoi pensieri.
Cristina ha 42 anni e la sua profonda fede, scoperta a 19 anni, le ha fatto intraprendere una strada che non sempre le ha aperto le porte, ma l’ha ugualmente discriminata per la sua condizione genetica. L’ottusità di certe persone va oltre il credo che dicono di professare, purtroppo. Ma come si può immaginare, una volta conosciutala, non si è persa d’animo e ha continuato il suo cammino di credente fino a diventare suora laica nell’Ordo Virginum, a 33 anni. Non ha l’obbligo di portare il velo o di vivere in convento, ma di portare avanti una vita di preghiera, fraterna e di lavorare con gli altri.
Il mio amico virtuale Gianluca ha riportato una bellissima intervista a Cristina sul suo sito Vita21.
Il messaggio di Cristina suona così…
“Non guardate alla vita vecchia, non abbiate rimpianti… l’amore è amare ogni cosa su cui si posano gli occhi, è guardare con il cuore.
Col tempo si cresce, e si sceglie, si prendono decisioni, specie quando si ha il supporto della fede. Io sono stata in Africa, ho visto una realtà diversa fatta di povertà e di stenti, e mi sono sentita felice e fortunata per quello che ho, per quello che sono.
Viviamo cercando di aiutare gli altri, cercando di essere adulti e maturi, magari mantenendo un cuore di bambino.
Ognuno ha i propri talenti ed è giusto cercare di sfruttarli al massimo perchè diano frutti, accettando i propri limiti e cercando di essere noi stessi.
Ogni albero cresce, nel tempo.”
Da mamma, mi ero sempre chiesta che madre ci fosse dietro ad una persona tanto in gamba, e appena ho sentito parlare Marilena, sono stata travolta dalla sua energia!
Strano… mi ero seduta proprio dietro di lei… coincidenza?!?
Marilena (che assomiglia tantissimo alla mia adorata suocera Daniela, vero Sonia?), si gira spesso verso di me, commenta in bresciano (o forse bergamasco? perdonami Marilena! Mio suocero era bresciano e per un errore simile mi avrebbe fulminato con gli occhi!)
Sento l’amore con la A maiuscola di questa mamma, che ha creduto in sua figlia già 42 anni fa, nel piccolo paese in cui vivevano, parlandole, dando voce ai suoi pensieri, considerandola abile, quando tutto il resto del mondo le diceva che stava perdendo tempo.
Sento il suo messaggio che è quello di dare fiducia, sempre, essendo anche in grado poi di chiedere scusa se si ha sottostimato o sovrastimato il proprio figlio, dimostrando che le emozioni vanno dette, e non tenute dentro, perchè solo parlandone si insegna a parlarne.
E’ vero, non tutte le mamme sono come Marilena, vulcaniche, ironiche, battagliere, con un carattere forte che non si è lasciato troppo scalfire da occhi giudicanti e frasi discriminanti.
E le mamme più deboli allora?
Quelle che ancora hanno tante lacrime dentro, che non riescono a guardare oltre la trisomia 21, che non sopportano le stereotipie annesse alla sindrome, che li zittiscono, che fanno al posto loro, che interpretano mezze frasi presumendo di sapere cosa stessero realmente dicendo, che li accompagnano costantemente per mano perchè senza di loro cadrebbero, che li agiscono e non li lasciano agire perchè forse ormai è tardi per credere in loro…
Cristina e Marilena hanno parlato di aiuti mirati, di strumenti alternativi per poter comunicare, di accettazione, nel bene e nel male.
Io a queste mamme chiederei di prendere coscienza.
La sindrome di Down è capitata a nostro figlio, e non guarirà mai da questa anomalia genetica.
Non è piangendo, rifiutando, incolpando il mondo come crudele e avverso che nostro figlio crescerà sentendosi un individuo a sè, capace pur nei propri limiti.
Non dico che è facile… ma è possibile, e persone come Marilena o tante mamme adottive di bambini con la sindrome di Down che conosco, come Sonia, Irene, Annalisa, ne sono l’esempio.
Noi siamo responsabili del loro “divenire”, ma spesso abbiamo troppa paura di affrontare i nostri pensieri più cupi, di toccare quel fondo nero per poter poi risalire, quel fondo che spesso sprona le persone a ritrovare tutto lo slancio vitale per iniziare finalmente a vivere la vita che desiderano e meritano, per sé e per i propri figli.
Noi possiamo scegliere di essere felici.
Accontentandoci delle piccole cose?
Volando meno in alto?
Decidendo di toccare quel fondo?
Ognuna ha la propria risposta dentro di sè…
Grazie Cristina e Marilena… siamo andati a casa con un pezzettino di voi!