How do you see me?

E tu… come mi vedi?
Questo è il titolo dell’ultima campagna di sensibilizzazione targata Coordown, in occasione del 21 marzo 2016, Giornata Mondiale sulla sindrome di Down.

How do you see me? Come mi vedi…

Queste semplici e toccanti parole racchiudono tutto l’essenziale.
Quell’essenziale che, come dice Antoine de Saint-Exupéry del Piccolo Principe, è invisibile agli occhi.
La disabilità è così spesso vista come un limite, come un marchio che categorizza e rende prevedibile la persona che lo porta.
Hai una disabilità?
Allora vali meno, non rientri nella norma, non puoi arrivare a fare, vieni descritto con aggettivi che parlano della tua condizione, che investono la tua intera persona, etichettandoti.
A vita.
Oggi, come in altre occasioni di particolare riflessione, volo a quel 14 febbraio in cui nacque Emma, e a tutta la lista di aggettivi/sostantivi sminuenti e dolorosi che mi venivano alla mente, pensando alla mia bambina e a me, mentre cercavo di superare lo shock.

Molti iniziavano con il prefisso -in.
Impossibile.
Ignoto.
Indifesa.
Incapace.
Inadatta.
Infelice.

Quante persone ho conosciuto in questi 6 anni.
Quanta strada abbiamo fatto, strada di cuore, di mente, di pelle che prende nuova forma, quasi a contenere una nuova interiore essenza che prima non era concepibile.
Guardaconilcuore, da quando ha preso vita, questo vorrebbe fare… cambiare gli occhi della gente, re-imparando a guardare oltre l’aspetto esteriore delle persone, e ad assaporarne la vera forza vitale.
Lo so, non è semplice, e non è da tutti.
Ancora ci sono persone che all’affermazione “ho una meravigliosa bambina con sindrome di Down” si stringono nelle spalle, rispondono a denti stretti, restano spiazzati.
Ma credo fermamente che un sorriso sincero, a sostegno dell’affermazione appena fatta, lasci il segno.
Ne ho le prove!
Fausto, Viviana, Laura, Luca, Giuliana, Lucia, Barbara, Francesca, Giorgia, Lorenzo…
Solo qualche nome di chi non aveva a che fare con la disabilità, e ora si è immensamente trasformato.
Perchè quel sorriso ha lasciato il segno.
Indelebile.
A vita.
Ripenso al video accorato di quel papà menzionato nel mio precedente post, che afferma che “la sindrome di Down è la cosa migliore che gli potesse capitare.”
Ebbene, lo capisco.
Emma senza sindrome di Down non sarebbe Emma, ma un’altra mia figlia.
Io senza l’arrivo della sindrome di Down non sarei la persona che sono oggi.
La condizione genetica di mia figlia ci ha indelebilmente modificato.

Oggi guardo la mia bambina.
Molti degli aggettivi/sostantivi che mi vengono alla mente, pensando a lei e alla trasformazione subita come mamma, iniziano ancora per -in.

Ma il loro significato è ben diverso.

Inimmaginabile.
Incredibile.
Immenso.
Innamorata.
Inimitabile.
Intelligente.
Imponente.
Importante.

E mai, mai, mai… vorrei tornare indietro.

(mettete pausa alla playlist musicale per ascoltare il video)