Ancora non so cosa spinga molti dei nostri bambini con sindrome di Down ad allontanarsi da noi.
Senza nessun preavviso.
Forse il ritardo cognitivo, forse un senso di unità di sè che tarda ad arrivare, forse un confine corpereo e mentale che non ha contorni ben definiti.
Sta di fatto che, ad una festa in piazza, avevamo appena incontrato i nostri amici Luca e Silvia, ai quali avevo detto “Emma ormai non scappa più”.
Seduti all’interno di un cortile insieme ai nostri inseparabili amici Alex e Benedetta, deliziati dalle varie proposte della festa paesana alla quale eravamo, ti ho perso di vista, sicura che con noi saresti rimasta.
Ma in effetti non sei più vicina a noi, forse sei con Giovanni a prendere le crepes alla nutella, forse sei poco più in là, a gioocare.
Poi vedo che manca il passeggino di Ambra, e so quanto spingere sia per te un così forte richiamo: spingere per allontanarsi, per crescere, per dire io senza di te.
Senza però tenere conto di quanto sia fondamentale, in un ambiente pieno di gente, dichiarare le tue intenzioni.
Nel correre a cercarti però, non avverto l’angoscia che ho provato due anni fa in spiaggia, quando ti eri (o mi ero?) liquefatta per 15 minuti. Cambio più volte strada, spinta da una sorta di vocina che mi dice qui non c’è, e una volta ritornata sui miei passi Tommaso mi ha avverte che sei ritornata.

Ti porto in disparte, facendoti sentire il mio cuore che batte velocemente (ecco la parola che dici nel video, e che io non capisco) guardandoti in quei meravigliosi e profondi occhi verdi, pregandoti di non farlo, perchè, perchè… come potrei essere senza te?